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I dieci comandamenti

Frasi del film

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Frasi di I dieci comandamenti

Riassunto e trama del film I dieci comandamenti

[da Wikipedia]

La pellicola si apre con gli ebrei che, schiavizzati dagli egiziani, costruiscono monumenti in onore del faraone Ramesse (Yul Brynner) I (Ian Keith).

Il sovrano è preoccupato perché gli astrologi di corte lo hanno informato della presenza di una nuova stella, ritenuta malefica non tanto perché profetizza l'arrivo di un popolo nemico, come pensa il faraone, ma perché profetizza che un singolo uomo porterà l'Egitto alla distruzione. L'astro maligno annuncia la nascita di un Liberatore, mandato da Dio sulla Terra, per liberare il popolo israelita dalla morsa egiziana.

Il comandante delle truppe egiziane consiglia a Ramesse I (Ian Keith) di sterminare gli schiavi, ma questi non lo ascolta, perché gli israeliti sono per lui una fonte di ricchezza. Se il Liberatore è fra i neonati è meglio uccidere soltanto loro: questo è l'ordine del faraone:

I piccoli ebrei vengono sterminati dalle guardie del faraone, sotto gli occhi terrorizzati delle madri. Ma Yochabel (Martha Scott) (Martha Scott), una schiava ebrea, accompagnata dalla figlia Miriam (Olive Deering), si reca presso il fiume Nilo portando con sé un cesto: lo apre e all'interno si vede un bambino, suo figlio. Vuole salvarlo dai soldati egiziani: prega Dio di salvaguardarne la vita e lo abbandona sul fiume, chiedendo alla piccola Miriam di seguirlo per scoprire dove la corrente lo trascinerà.

Intanto un gruppo di giovani donne gioca sulle rive del fiume, nelle vicinanze di un enorme palazzo. Fra esse spicca la principessa Bithia (Nina Foch) (Nina Foch), figlia di Ramesse I, da poco rimasta vedova del marito e incapace di generare figli perché sterile. Mentre le ragazze vengono rimproverate da Memnet (Judith Anderson) (Judith Anderson), una schiava di palazzo, Bithia si allontana per andare a nuotare: intravede in lontananza il cesto che galleggia. Lo apre e trova il bambino abbandonato da Yochebed: crede che il Nilo abbia voluto così esaudire le sue preghiere. Lo porta a riva e, rimasta sola con Memnet, le mostra cosa ha trovato.

Il piccolo è coperto da un panno ebraico, appartenente alla casta levitica. Bithia decide di adottarlo, ma Memnet glielo sconsiglia perché il faraone ha ordinato di sterminare tutti i neonati ebrei. Bithia fa giurare alla schiava che non dirà nulla e, felice, stringe al cuore il trovatello, a cui dà il nome di Mosè (Charlton Heston), colui che è stato "salvato dalle acque".

Memnet, senza farsene accorgere, raccoglie e nasconde il panno ebraico.

Il piccolo cresce e diventa adulto: mandato in guerra, trionfa sugli etiopi. Al suo ritorno la città è in festa: dall'alto del palazzo reale, Ramesse (Yul Brynner) osserva Mosè in tripudio per le strade. Ramesse è figlio del faraone Sethi (Cedric Hardwicke) I, sovrano saggio e illuminato, succeduto a Ramesse I, il quale dovrà scegliere o Ramesse o il nipote Mosè (a sua insaputa, figlio adottivo della sorella Bithia) come proprio successore. Molti ritengono che voglia eleggere il secondo a giudicare dalle sue parole:

A inasprire la contesa alla successione si aggiunge un'altra questione: Nefertari (Anne Baxter) (Anne Baxter), una giovane molto cara a Sethi, sarà la promessa sposa del futuro faraone. Entrambi sono attratti dalla sua bellezza, ma Nefertari corrisponde alle attenzioni di Mosè, del quale è innamorata, e non a quelle di Ramesse.

Mosè entra trionfante nel palazzo reale, accompagnato dal generale Pentauro (Henry Wilcoxon) (Henry Wilcoxon), un veterano del faraone, acclamato dagli elogi dei cortigiani e dalle lodi del gran sacerdote Jannes (Douglass Dumbrille) (Douglass Dumbrille). Saluta Sethi, che si congratula con lui per l'impresa, e presenta alla corte il re d'Etiopia (Woodroom Strode) e sua sorella (Esther Brown), divenuti alleati dell'Egitto, mostrando infine al faraone l'incredibile bottino di guerra, fatto di stoffe, gioielli, oro, argento e altre ricchezze.

Sethi lamenta però di non avere una città dove poter conservare questi beni, dato che Ramesse non è riuscito a costruirla. Il principe cerca di giustificarsi dando la colpa agli schiavi ebrei che non hanno voglia di servirlo, fiduciosi nell'arrivo del Liberatore. Sethi decide allora di dare l'incarico della costruzione a Mosè, mentre a Ramesse ordina di scovare il Liberatore, vero o finto che sia.

A Gessen gli schiavi lavorano incessantemente, senza avere nemmeno il tempo di bere un sorso d'acqua. Dall'alto di un'impalcatura il giovane e forzuto Giosuè (John Derek) (John Derek), lo spaccapietre, scolpisce l'effigie del faraone: quando si accorge della presenza della sua amata Lilia (Debra Paget) (Debra Paget), la portatrice d'acqua, corre velocemente ad abbracciarla. Appare intanto un losco figuro, Dathan (Edward G. Robinson) (Edward G. Robinson), il capo sorvegliante: è un ebreo rinnegato, ora al servizio del faraone, temuto da tutti, specialmente da Lilia che si sente da lui osservata maliziosamente.

Dathan si dirige quindi verso Ramesse che gli affida il compito di trovare il Liberatore degli ebrei, promettendogli grandi doni, incarico che il rinnegato accetta.

Gli schiavi stanno spostando un enorme blocco di pietra per incastrarlo con un altro. Le donne più anziane ungono il terreno con del grasso per rendere più scivolosa la pavimentazione e accelerare i lavori. Tra esse c'è la vecchia Jocabel, madre di Mosè, che rimane incastrata con la cintura al blocco di pietra: gli schiavi continuano a spingere e la poveretta sta per essere schiacciata fra i due massi. Giosuè, richiamato da Lilia, corre in soccorso della vecchia, ma viene fermato dai sorveglianti. Lilia sfugge alla loro presa e corre verso Mosè per chiedere il suo aiuto, conoscendone la magnanimità. Il principe sta discorrendo su alcuni lavori insieme al capo costruttore Baka (Vincent Price) (Vincent Price), quando viene interrotto dalla giovane. Decide di aiutarla e si reca sul posto dove rimprovera i sorveglianti per il loro comportamento: libera la vecchia dalla cintura che la teneva legata al macigno, senza sapere che in realtà si tratta di sua madre.

Giosuè, benché trattenuto dalle guardie, non esita a lamentarsi davanti al principe per la mancanza di cibo: se gli schiavi non mangiano allora lavoreranno più lentamente. Mosè accoglie la causa degli ebrei e, guidandoli personalmente, assalta i granai del tempio, donando loro il grano riservato agli dei. Ottiene così il favore e l'appoggio degli ebrei, che lo elogiano per la sua magnanimità.

Tutto questo però suscita le lamentele di Jannes, il gran sacerdote, che si reca dal faraone per raccontargli l'accaduto. Presto si celebrerà il giubileo del faraone, durante il quale verrà scelto il successore di Sethi: Jannes consiglia il sovrano di eleggere Ramesse come suo erede, ma il faraone lo rimprovera perché apprezza Mosè per le sue capacità. Ma Ramesse, grazie all'aiuto di Jannes, inculca nel padre il dubbio di un possibile tradimento di Mosè.

" si, Perché egli tiene l'Etiopia alla sua sinistra e Gessen alla sua destra e tu padre mio, stai nel mezzo. "
(Ramesse)
Nel frattempo Mosè è intento a erigere un enorme obelisco in onore del faraone: secondo Baka la costruzione finirà male, mentre secondo il principe andrà tutto per il verso giusto, fiducioso della forza degli schiavi e della considerazione di cui gode presso di loro. L'obelisco viene innalzato perfettamente.

Sethi decide di recarsi dal nipote per chiarire la questione, accompagnato da Ramesse: una volta giunto da Mosè, gli chiede se le accuse mosse contro di lui siano vere o false. Mosè risponde di sì, ma si giustifica mostrando il risultato del suo lavoro: una città bellissima e maestosa, degna di Sethi. Il faraone, in visibilio, ordina di scolpire sul marmo, insieme al suo nome, anche quello di Mosè, rimproverando il figlio Ramesse per aver calunniato il cugino.

Il principe guarda accigliato il padre che si allontana, mentre Baka crede che egli perderà tutto perché Sethi sembra sempre più propenso a eleggere Mosè come erede. Ma Ramesse non è d'accordo:

Intanto Nefertari aspetta impaziente il ritorno di Mosè. Sopraggiunge Memnet, la schiava di palazzo, l'unica, insieme a Bithia, a conoscere il segreto sulla nascita di Mosè. Mostra alla principessa la coperta levitica che teneva il piccolo quando venne trovato sul fiume Nilo, chiara testimonianza della sua origine ebraica. Nefertari teme che se Ramesse ne venisse a conoscenza sarebbe la fine per Mosè. Decisa a salvarlo ad ogni costo, la principessa non esita a chiudere per sempre la bocca di Memnet, gettandola dal balcone, mentre il panno ebraico rimane per terra.

Arriva Mosè, accolto fra le braccia di Nefertari. Una schiava avvisa la principessa della morte di Memnet, ma viene scacciata malamente. Mosè chiede il perché di tale comportamento e rimane stupito quando scorge il panno ebraico. Nefertari cerca di giustificarsi, ma alla fine è costretta a confessare tutto.

Mosè vuole andare fino in fondo e si reca da Bithia per chiedere spiegazioni, senza però rimediare delle prove convincenti. Va allora a Gessen per incontrare Yochebed, l'unico nome rivelato da Memnet. Bithia riesce a precederlo e ordina alla schiava e ai suoi figli, Miriam (Olive Deering) e Aronne (John Carradine) (John Carradine), di abbandonare l'Egitto: ma Mosè, senza essere visto, assiste alla scena, avendo così conferma di essere un ebreo e non un egiziano, figlio di schiavi e non di principi. Decide di non rinnegare le sue origini e di unirsi alla sua gente, benché commosso dal pianto di Bithia.

Mosè, nelle vesti di uno schiavo, lavora come un qualunque ebreo e tocca con mano le sofferenze, i maltrattamenti e la fatica del suo popolo, assistendo a scene orribili. Lilia, la portatrice d'acqua, si avvicina a lui per porgergli un bicchiere: sta quasi per riconoscerlo quando viene interrotta dalla voce di Baka, il capo costruttore, il quale ordina che la fanciulla sia portata nella sua casa per farla diventare sua concubina. Lilia lo implora di non farlo perché sarebbe per lei un disonore, ma invano. Un vecchio schiavo, vista la scena, prega Dio di maledirlo: una delle guardie lo colpisce con la sferza per farlo stare zitto, ma il vecchio non cede. Il sorvegliante afferra un'accetta e gliela lancia contro, ferendolo a morte. Mosè soccorre il poveretto che ormai in fin di vita pronuncia queste parole:

" Grazie figliolo, ma credi la morte è una liberazione, poiché i miei occhi si chiudono senza che la mia preghiera sia esaudita...che prima di lasciar questa vita potessi vedere colui che guiderà gli uomini verso la libertà. "
(Vecchio schiavo)
Il vecchio muore e a Mosè viene ordinato di prenderne il posto. Si sente una risata di donna: è Nefertari che l'ha riconosciuto e ordina ai sorveglianti di portarlo nella sua nave perché ha bisogno di un rematore. Mosè spiega a Nefertari che non tornerà sui suoi passi perché ha deciso di stare insieme alla sua gente, ma sa che se rimane schiavo, lei dovrà sposare Ramesse, che diventerà così il nuovo faraone. La principessa lo convince, dicendogli che se invece diventerà lui l'erede di Sethi, potrà liberare gli schiavi una volta salito al trono. Mosè accetta, ma decide di andare prima a salvare la giovane Lilia dalle grinfie di Baka.

La portatrice d'acqua viene vestita di tutto punto dalle ancelle del capo costruttore, Baka. Intanto, nei pressi della dimora di quest'ultimo, Giosuè appicca il fuoco a un carretto. Le guardie escono per spegnerlo, lasciando Baka da solo con Lilia: Giosuè ne approfitta per entrare nel palazzo e liberare l'amata, colpendo con un pugno il nobile egiziano. Lilia riesce a fuggire, ma Giosuè viene catturato dalle guardie e legato fra due colonne: il capo costruttore comincia a frustarlo, ma il giovane spaccapietre resiste in silenzio. Baka non frena la sua sete di sangue e mentre sta per colpirlo ancora con la frusta viene fermato da una mano misteriosa: riconosce che si tratta di Mosè, il quale lo uccide e libera Giosuè. Mosè è costretto a scappare precipitosamente perché, se scoperto, sarà condannato a morte. Giosuè crede che Mosè sia il Liberatore e ringrazia Dio, mentre in lontananza si intravede la sagoma di Dathan che ha osservato tutta la scena.

Il giorno dopo Ramesse e le guardie di palazzo cercano l'assassino. Dathan si presenta al principe e gli rivela tutto in cambio del posto di governatore di Gessen. Ramesse accetta la proposta e scopre con sgomento che il Liberatore è proprio Mosè, il tanto odiato cugino.


Debra Paget e John Derek (Lilia e Giosuè)
È il giorno del giubileo di Sethi e il palazzo è in festa in attesa della scelta che farà il faraone. Ramesse è stranamente allegro: ordina a Pentauro di far entrare il Liberatore degli ebrei. Sethi è impaziente di vedere chi egli sia, ma rimane sbalordito quando scopre che si tratta di Mosè: piomba il silenzio nella sala mentre Mosè viene condotto in catene davanti al faraone. Il sovrano crede che si tratti di una messa in scena orchestrata da Ramesse e chiede spiegazioni al nipote: ma Mosè rivela la sua identità ebrea e dichiara che se avesse la possibilità di liberare gli schiavi lo farebbe. Sethi, affranto, è costretto a condannarlo a una pena che Ramesse stesso deciderà:

" Che il nome di Mosè sia cancellato da ogni libro e da ogni tavola, sia cancellato da ogni colonna e da ogni obelisco, cancellato da ogni monumento dell'Egitto, che il nome di Mosè non sia più pronunciato e scompaia dalla memoria di ognuno per sempre. "
(Sethi)
Mosè viene incatenato nelle segrete del palazzo dove riceve la visita di Ramesse e Nefertari. Il futuro faraone gli comunica la sua condanna: non morirà perché non vuole che Nefertari lo ricordi come un martire, ma sarà abbandonato nel deserto e sarà solo il destino a decidere se si salverà.

Intanto Dathan è stato nominato governatore di Goscen e Lilia è diventata di sua proprietà: se si concederà a lui, Giosuè vivrà, altrimenti verrà ucciso. A malincuore Lilia è costretta ad accettare.

Mosè viene portato ai confini dell'Egitto dalle guardie di Ramesse, condannato a vagabondare nel deserto. Riceve un bastone, il mantello levitico che Yochebed, prima di morire, ha voluto donargli e provviste di acqua e di cibo sufficienti per un solo giorno. Dopo diversi giorni di cammino, stanco, disidratato e assetato arriva finalmente in un'oasi dove può ristorarsi con i frutti di una palma e con l'acqua di un ruscello.

Nelle vicinanze, alcune ragazze stanno abbeverando il proprio gregge: sono le figlie di Jetro, lo sceicco di Madian, guidate da Sefora (Yvonne De Carlo), la figlia maggiore. Trovano Mosè addormentato vicino ad un cespuglio, felici di vedere un uomo, dato che non se ne vedono molti da quelle parti. Mentre discutono tra loro, arrivano nell'oasi dei pastori amaleciti, decisi a rubare il gregge. Sefora cerca di difendere le pecore, ma viene colpita: interviene allora Mosè che li scaccia a colpi di bastone.

Le ragazze lo portano dal padre che lo accoglie nella sua tenda: Mosè rivela la sua identità al vecchio sceicco e questi decide di affidargli un lavoro come pastore. Sefora lo porta al gregge e gli mostra il monte Sinai, la montagna infuocata dove abita Dio. Grazie all'aiuto di Mosè, il gregge di Jetro cresce come cresce anche il rispetto che il vecchio manifesta verso il giovane. Decide di dargli in sposa una delle sue figlie le quali, per facilitargli la scelta, danzano per lui: ma Mosè, che conserva ancora nel cuore la figura di Nefertari, non riesce a scegliere e si allontana. Fuori incontra Sefora, l'unica a non aver partecipato al banchetto: è lei che decide di sposare.


Yvonne De Carlo (Sefora)
Intanto il trono d'Egitto rimane vacante. Disteso nel suo letto, il vecchio Sethi aspetta che la morte lo raggiunga circondato da Nefertari, Ramesse e i sacerdoti reali. È solo Nefertari che egli lascia a malincuore, l'unica persona che ha amato. Ricorda però che un tempo, nel suo cuore, c'era posto anche per qualcun altro e, in punto di morte, infrangendo la sua stessa legge, pronuncia il nome di Mosè, esalando l'ultimo respiro.

Passano gli anni e Mosè vive alle pendici del Sinai con la moglie Sefora e il figlioletto Gherson. Mentre fa pascolare le pecore, sente i cani che abbaiano: si avvicina e trova un uomo che per sfuggire loro si è rifugiato su una roccia. Si tratta di Giosuè, fuggito dalle miniere in cui era stato rinchiuso. Lo disseta, gli dà da mangiare e chiede di sapere cosa gli sia successo. Mentre parlano, nota che in cima al monte si trova una strana luce: un roveto che arde ma senza che il fuoco lo consumi. Decide di andare a vedere e scala il santo monte.

Dal rovo ardente proviene una voce che lo chiama e gli ordina di togliersi i calzari poiché calpesta terra sacra. Mosè obbedisce e si inginocchia, avendo compreso che è Dio a parlare dal roveto. Poi gli chiede come mai non ascolta il pianto del suo popolo in Egitto: ma il Signore conosce il dolore della sua gente e proprio per questo ha deciso di mandare lui dal faraone, per chiederne la liberazione. Mosè teme di non esserne capace, ma Dio lo aiuterà, dicendogli cosa dire e compiendo prodigi per convincere Ramesse a liberare gli schiavi. Infine gli ordina di tornare sul monte Sinai, dopo essere uscito dall'Egitto con il suo popolo, per ricevere le leggi eterne.

Sefora e Giosuè, rimasti a valle, vedono riapparire Mosè, illuminato in volto, diverso dal solito: adesso Dio è dentro di lui e libererà il suo popolo. Giosuè esulta, affermando che gli ebrei si armeranno e colpiranno gli egiziani. Ma non sarà così, afferma Mosè:

Seconda parte

Mosè torna in Egitto e, in compagnia del fratello Aronne, si reca presso la corte del faraone. Quel giorno diversi ambasciatori si recano da Ramesse e sua moglie Nefertari, tra cui quello di Priamo, re di Troia, che porta in dono un lenzuolo di seta, e quello di Gerico.

Mosè parla al faraone come ambasciatore del regno di Dio: Nefertari lo riconosce immediatamente e freme per riabbracciarlo. Le parole di Mosè sono categoriche:

Ma Ramesse rifiuta. Per dimostrare la sua fermezza, Mosè ordina ad Aronne di gettare ai piedi del faraone il suo bastone che istantaneamente si trasforma in un cobra. Nefertari e suo figlio si allontanano terrorizzati: il solo Ramesse non sembra spaventato. Jannes, su ordine di Ramesse, fa lanciare a terra due bastoni, compiendo lo stesso prodigio. Ma, tra lo stupore generale, il cobra di Mosè divora quelli di Jannes. Ramesse, per nulla scosso, non solo rifiuta la richiesta di liberare il popolo ebreo, per quanto ordina che gli schiavi da quel giorno in poi fabbrichino i mattoni senza paglia, cosa impossibile senza un prodigio:

Mosè è costretto ad allontanarsi, tra le risate degli ambasciatori e sotto lo sguardo sempre innamorato di Nefertari.

Gli ebrei di Gessen esultano vedendo tornare Mosè e lo acclamano come loro Liberatore. Chiedono quando usciranno dall'Egitto, ma Aronne rivela loro la triste verità: non saranno liberi, ma anzi dovranno lavorare ancora di più. Mosè è affranto e Dathan, che ha assistito alla scena, aizza il popolo contro il profeta, chiedendo la sua lapidazione. Il messaggero di Dio non ha paura, chiede solo che la sua gente conservi la fede.

A salvarlo, inaspettatamente, arrivano le guardie del faraone che lo conducono alla nave di Nefertari, la quale lo ama ancora e non crede al suo cambiamento. Mosè però deve servire Dio e non può amare la moglie di un altro, specialmente di colui che opprime il suo popolo: ormai lui appartiene a Dio, al suo popolo e a Sefora.

Nefertari resta sbalordita nel sentire il nome della giovane pastorella e cerca di farlo tornare con lei, dicendo che una pastorella puzzerà come un montone, non sarà cosparsa di oli e creme profumate e avrà le labbra arse dal sole. Ma Mosè la interrompe, dicendo che Sefora ha la bellezza dell'animo, una bellezza che Nefertari non riesce a comprendere.

Nefertari propone un patto al profeta: se lui tornerà con lei allora lei convincerà Ramesse a liberare gli ebrei. Sembra che Mosè stia per cedere, ma il suo spirito è forte e lui si allontana.

Le donne israelite cominciano a riempire le giare d'acqua: Miriam ha sentito dire dal fratello che presto l'acqua finirà. Giosuè, tornato a Gessen con Mosè, incontra dopo tanto tempo Lilia, diventata concubina di Dathan solo per salvarlo. Giosuè giura che la libererà, ma Lilia crede che nemmeno Mosè riuscirà a salvarla dalla schiavitù che la opprime, una schiavitù più dell'anima che del corpo.

Intanto Ramesse e i suoi sacerdoti stanno celebrando un rituale in onore del dio Nilo quando sopraggiungono Mosè e Aronne. Questa volta il prodigio sarà superiore a quello dei serpenti: il Nilo si tingerà di sangue se Ramesse non obbedirà al volere divino. Il sovrano, per nulla scosso, rifiuta nuovamente: Mosè allora ordina ad Aronne di stendere il bastone sulle acque del Nilo che si tingono di sangue. Mosè quindi annuncia a Ramesse:- Affinché tu conosca la potenza del Signore per sette giorni l'Egitto non avrà acqua-:.Ma Ramesse impassibile gli risponde:- Anche se durasse sette volte sette giorni; non saranno i tuoi giochi di magia a liberare il tuo popolo-:.E mentre recita un inno al dio e alza l'anfora e versa il suo contenuto nell'acqua tinta di sangue, l'acqua all'interno dell'anfora si colora di sangue, dimostrando quindi la potenza di dio.

" E Dio rovesciò sull'Egitto ogni genere di piaghe, ma il cuore del faraone era ancora di pietra. "
Il popolo è in subbuglio, chiede la liberazione degli ebrei, ma Ramesse non cede. Jannes implora il faraone di ascoltare le parole di Mosè e invita il profeta al suo palazzo. Ramesse confessa che queste piaghe l'hanno spaventato in un primo momento, ma alla fine ha capito che erano solo opera della natura e non di Dio. Mosè allora minaccia di punire l'Egitto con due piaghe ancora maggiori: una grandinata infuocata e l'oscurità per tre giorni di seguito. Ramesse lo caccia dal suo palazzo, non crede alle sue parole ma, mentre ancora esse echeggiano nella sua mente, dal cielo comincia a piovere grandine infuocata.

Dopo i tre giorni di oscurità i ministri del faraone si radunano attorno al loro signore, chiedendo la liberazione degli ebrei. Ramesse sembra cedere con lo scriba che ha già scritto il mandato che consente agli ebrei di lasciare l'Egitto: ma Nefertari, assetata di vendetta, si avvicina furtiva al marito e lo incita a resistere, per non dimostrarsi debole di fronte agli altri re. Mosè viene convocato a palazzo, dove il faraone, dando ascolto alla moglie, calpesta il documento di fronte agli occhi del profeta e dei ministri disperati. A tale vista, Mosè minaccia di punire l'Egitto con un'ultima orribile piaga, talmente orribile da costringere il faraone a mandarli via. Ramesse va su tutte le furie e ordina al profeta di non tornare più da lui.

Mosè si allontana. Il faraone ordina alle guardie di palazzo di radunare l'esercito: quella notte tutti i primogeniti ebrei verranno uccisi, a cominciare dal figlio di Mosè.

Nefertari non voleva si arrivasse a tanto: decide allora di recarsi a Gessen per chiedere a Sefora di fuggire a Madian insieme al figlio, salvandolo dalla morte. Mosè, ignaro di tutto, torna a casa, ma trova solo Nefertari ad aspettarlo: gli spiega l'accaduto, la fuga di Sefora e l'ordine di Ramesse. Mosè è come illuminato: l'ordine del faraone si ritorcerà contro di lui in quanto non saranno i primogeniti ebrei a morire, ma quelli egiziani. Nefertari impallidisce al pensiero che suo figlio morirà e prega Mosè di salvarlo, come lei ha salvato il suo. Ma il profeta è solo uno strumento nelle mani del Signore: il figlio di Nefertari non può essere salvato perché è anche figlio di Ramesse. La regina va via, convinta che Mosè non ucciderà suo figlio perché l'ama ancora. Non appena Nefertari esce, Mosè scoppia in un attacco di ira e chiede a Dio il perché di tutto questo.

Si salveranno solo i primogeniti le cui case saranno contrassegnate con il sangue di un agnello sull'architrave. Giosuè corre verso la casa di Dathan, dove è rinchiusa Lilia e, senza che nessuno se ne accorga, segna la porta col sangue dell'agnello per salvaguardarla dalla morte.

La luce lunare viene ottenebrata da un misterioso fumo verde che forma nel cielo la figura di una mano scheletrica. All'interno delle proprie case gli ebrei celebrano la Pasqua, la festa della liberazione, mangiano pane non lievitato ed erbe amare, mentre tutt'intorno si odono le grida delle madri egiziane e dei loro figli. Bithia chiede e ottiene da Mosè di poter entrare per stare insieme a loro. La principessa chiede inoltre di poter partire anche lei insieme agli ebrei e Mosè acconsente perché chiunque ha sete di libertà può venire con loro.

Dal palazzo reale, Ramesse e i suoi soldati osservano il morbo che si propaga: un fumo verdastro invade le strade egiziane. Lo vedono salire lentamente i gradini del palazzo e avvolgerli, mentre i soldati si stringono spaventati. Ramesse ordina al figlio primogenito di Pentauro di richiamare le truppe per cominciare lo sterminio dei primogeniti ebrei ma il morbo li avvolge e il ragazzo cade a terra morto. Ramesse comprende che la vita di suo figlio è seriamente in pericolo e corre verso di lui: il piccolo è nel letto moribondo insieme alla madre e a uno sbigottito medico. Ordina alla sua guardia personale di chiamare subito Mosè: gli ebrei saranno liberi purché suo figlio rimanga in vita.

Il faraone ha perso, è solo nella sala del trono e, disperato, rimpiange tutto ciò che Mosè gli ha tolto: l'amore di suo padre, del suo popolo, di sua moglie e ora anche quello di suo figlio. Gli ebrei sono liberi, potranno prendere ciò che vogliono purché lascino l'Egitto. Proprio mentre il profeta esce dal palazzo, Nefertari entra nella sala del trono con il corpo esanime del piccolo. Ramesse è pietrificato, prende in braccio il figlio morto e lo pone sulla statua del dio Sokar, chiedendone il ritorno in vita.

Passa la notte e gli ebrei suonano i corni esultanti.

Le strade egiziane si riempiono di ebrei, ora liberi e non più schiavi. Portano con sé i propri animali, le proprie cose, le proprie famiglie, fiduciosi del futuro, sicuri che Dio presto troverà una terra soltanto per loro. Le guardie del faraone vedendo come anche l'architrave della casa di Dathan sia stata contrassegnata con il sangue lo costringono ad andare via con gli ebrei. Giosuè dà un ordine e una direzione a ognuno, Aronne insieme ai sacerdoti conduce in processione il feretro di Giuseppe per riportarlo nella sua terra natia e Mosè, commosso, osserva il suo popolo finalmente libero. Il profeta alza il bastone trionfante: finalmente si può partire.

Intanto Ramesse continua a pregare invano le divinità egizie. Nefertari lo riporta alla realtà: suo figlio è morto e adesso coloro che sono stati causa della sua morte, Mosè e la sua gente, esultano trionfanti perché si sono fatte beffe del sovrano d'Egitto. Ramesse va su tutte le furie e ordina all'esercito di prepararsi. Inseguirà gli ebrei e li sterminerà uno ad uno: lui stesso schiaccerà Mosè sotto le ruote del suo carro. Nefertari prende la sua spada e chiede che il profeta venga ucciso con quella lama: Ramesse accetta ma promette alla moglie che, appena sarà tornato, con quella stessa spada ucciderà anche lei. Suonano le trombe dell'esercito egiziano e l'intera cavalleria del faraone si raduna di fronte alle porte della capitale con in testa il cocchio di Ramesse.

" I vostri primogeniti sono morti. Morte agli schiavi! E così al loro dio! "
(Ramesse)
Viene suonata la carica e la cavalleria comincia a marciare alla volta del mar Rosso, dove Mosè e gli altri ebrei sono accampati. Dall'alto del palazzo reale, Nefertari osserva il marito che si allontana con l'esercito.

Olive Deering, Edward G. Robinson e Charlton Heston
Giosuè e Caleb vedono arrivare i carri guidati dal faraone e capiscono di essere in trappola: da un lato l'esercito, dall'altro il mare. Suonano l'allarme e tutti gli ebrei si radunano sulla riva del mare: Dathan, sempre desideroso di tornare in Egitto, ne approfitta per incitare il popolo a consegnare Mosè al faraone.

Ma quando l'esercito egiziano sta per avvicinarsi agli ebrei, un'enorme muro di fuoco sbarra loro il passaggio. Ramesse crede sia solo un trucco, ma Pentauro lo ferma perché ha compreso che quel fuoco è opera del Dio degli ebrei. Mosè allarga le braccia: per volontà divina le nuvole si addensano in mezzo alle acque e dividono il mare in due muraglie, consentendo il passaggio all'altra riva del mar Rosso. Il popolo è spaventato ma, guidato da Giosuè, passa fra le acque, raggiungendo l'altra riva.


Mosè (Charlton Heston) apre le acque del Mar Rosso
Il muro di fuoco si spegne e Ramesse ordina ai suoi soldati di muovere contro gli ebrei, seguendo il loro stesso tragitto. Arrivato a riva però si ferma, sostenendo che egli è lì solo per avere Mosè mentre è compito dell'esercito quello di trucidare gli ebrei. Pentauro ordina la carica e i carri entrano nel mar Rosso. Gli ebrei sono terrorizzati, ma le acque del mare si richiudono, travolgendo la cavalleria egiziana e lasciando in vita soltanto Ramesse che, dalla costa, osserva impotente la scena.

Il faraone non fa più paura: gli ebrei sono liberi dalla sua oppressione. Nefertari aspetta impaziente il ritorno del marito col la spada intrisa del sangue di Mosè. Ramesse entra nel palazzo, si dirige verso il trono con la spada in pugno, sta per ucciderla, ma lei gli chiede di mostrarle il sangue. Ramesse getta la spada a terra, si siede, ha perso definitivamente:

Gli ebrei giungono alle pendici del monte Sinai e Mosè sale sulla cima, seguito dal sempre fedele Giosuè.

Dopo quaranta giorni senza avere sue notizie, gli ebrei si consultano sul da farsi. Dathan è sicuro che Mosè sia morto, appoggiato da una buona parte del popolo, mentre Aronne, inascoltato, cerca di mantenere salda la fede nei suoi compagni. Secondo Dathan la cosa migliore da fare, se non si vuole morire di fame, è tornare in Egitto con un idolo d'oro da donare al faraone. Aronne cerca invano di dissuaderli, ma viene costretto lui stesso a realizzare la statua raffigurante un vitello d'oro. I bracciali e le collane delle donne vengono fusi insieme ai tesori portati via dall'Egitto. Gli ebrei iniziano a far festa mentre in un angolo dell'accampamento Lilia, Miriam, Sefora, Bithia e altri osservano la scena impotenti.

Mosè, ignaro di tutto, chiede al Signore il perché di tanta attesa: allora Dio gli si manifesta sotto forma di una colonna di fuoco e stacca dalla roccia due tavole nelle quali incide i dieci comandamenti.

Intanto nell'accampamento il peccato dà sfoggio di tutte le sue nefandezze: Dathan, sicuro di sé, vuole ricondurre gli ebrei schiavi in Egitto, prendendosene tutto il merito. Ordina di prendere Lilia e di sacrificarla al nuovo dio. Abiram (Frank De Kova) e Core, il fratello e un amico di Dathan, l'afferrano e stanno per ucciderla quando dall'alto si leva un suono: è il corno di Giosuè che annuncia il ritorno di Mosè con in mano le tavole della legge. Mosè lancia il suo anatema contro coloro che hanno servito l'idolo d'oro e chiede alla gente che crede in lui di farsi avanti: molti scelgono di avvicinarsi a lui. Il profeta, furibondo contro coloro che hanno deciso di non riavvicinarglisi, lancia le tavole dei dieci comandamenti contro il vitello d'oro e dal cielo piovono fulmini, mentre la terra si apre. Dathan, Abiram e Core sprofondano nel baratro, mentre gli idolatri ardono nel fuoco generato dai fulmini.

Dopo quarant'anni di peregrinazioni nel deserto, il popolo ebraico arriva finalmente ai margini della Terra Promessa, ma Mosè non può entrarvi: non era stato del tutto fedele a Dio alle acque di Meriba e Dio gli aveva ordinato di contemplarla da lontano perché non gli sarebbe stato concesso di attraversare il Giordano. Ormai anziano e stanco, sale sul monte Nebo insieme a pochi fedeli e affida l'incarico di guida a Giosuè, compagno di tutte le sue peregrinazioni.

Anno

1956 (68 anni fa)

Titolo originale

The Ten Commandments

Genere

Biografico, Drammatico, Epico, Storico

Durata

220 minuti (3 ore e 40 minuti)

Regia

Cecil B. DeMille

Film di Cecil B. DeMille

Data di uscita

venerdì 5 ottobre 1956

Poster e locandina

Attori del film I dieci comandamenti

Charlton Heston nel ruolo di Mosè
Yul Brynner nel ruolo di Ramesse
Anne Baxter nel ruolo di Nefertari
Cedric Hardwicke nel ruolo di Sethi
Edward G. Robinson nel ruolo di Dathan
Yvonne De Carlo nel ruolo di Sefora
Debra Paget nel ruolo di Lilia
John Derek nel ruolo di Giosuè
Nina Foch nel ruolo di Bithia
Martha Scott nel ruolo di Yochabel
Judith Anderson nel ruolo di Memnet
Vincent Price nel ruolo di Baka
John Carradine nel ruolo di Aronne
Olive Deering nel ruolo di Miriam
Douglass Dumbrille nel ruolo di Jannes
Frank De Kova nel ruolo di Abiram
Henry Wilcoxon nel ruolo di Pentauro
Eduard Franz nel ruolo di Sceicco Jethro
Donald Curtis nel ruolo di Mered
Lawrence Dobkin nel ruolo di Hur Ben Caleb
H.B. Warner nel ruolo di Amminadab
Julia Faye nel ruolo di Elisheba
Lisa Mitchell nel ruolo di figlia di Jethro
Noelle Williams nel ruolo di figlia di Jethro
Joanna Merlin nel ruolo di figlia di Jethro
Pat Richard nel ruolo di figlia di Jethro
Joyce Vanderveen nel ruolo di figlia di Jethro
Diane Hall nel ruolo di figlia di Jethro
Abbas El Boughdadly nel ruolo di auriga di Ramesse
Fraser Clarke Heston nel ruolo di Mosè (appena nato)
John Miljan nel ruolo di l'orbo
Francis McDonald nel ruolo di Simone
Ian Keith nel ruolo di Ramesse I
Paul De Rolf nel ruolo di Eleazar
Woodrow Strode (Woody Strode) nel ruolo di re degli Etiopici
Tommy Duran nel ruolo di Gershom
Eugene Mazzola nel ruolo di figlio di Ramesse
Ramsay Hill nel ruolo di Korah
Joan Woodbury nel ruolo di la moglie di Korah
Esther Brown nel ruolo di principessa Tharbis
Rushti Abaza (Rushdy Abaza)
Dorothy Adams
Edna Mae Cooper nel ruolo di cortigiana
Maude Fealy nel ruolo di schiava
Lillian Albertson nel ruolo di la schiava
Adeline De Walt Reynolds nel ruolo di anziana schiava
George Melford
Abdullah Abbas
Cecil B. DeMille nel ruolo di Dio, Voce narrante
Patricia Hitchcock nel ruolo di cortigiana

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Soggetto

J.H. Ingraham

Musiche

Elmer Bernstein

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