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Valentin: Oooh! Uuuh! Ah! Ho un chiodo nella pancia. Va meglio. Fammi il favore di piantarla con quelle balle su donne bellissime in lacrime.

Molina: Il cuore di Leni batteva così forte che i suoi seni gonfi balzarono fuori dalla profonda scollatura, come sensuali antipasti su un piatto d'argento. Aaah...

Valentin: Oh, non farmi ridere, mi fa male.

Molina: Toh, tieni questo morbido seno. Ah!

Valentin: Uh, uh, uh, uh, uh!

Molina: Ce n'è un altro, qua.

Valentin: Uh, uh, uh, uh!

Molina: Nei locali eleganti si servono in coppia.

Valentin: Oh, oh, oh, oh! Il buiolo! Presto! Oh, no! Ah! Ah... Oh!

Molina: Cristo, che puzza!

Valentin: Scusami. Non sai quanto sto male.

Molina: Butta fuori tutto. Non può puzzare più di quello che puzza ora.

Valentin: Oh... Oddio, non ce la faccio più.

Molina: Hai superato di peggio. Molto peggio.

Valentin: Mi vergogno tanto.

Molina: Non sei tu quello che diceva sempre: prendila da uomo? Comportati da uomo.

Valentin: Non ce la faccio. Non mi sopporto in questo stato.

Molina: Lèvati i calzoni. Presto. Andiamo, andiamo! Copriti con l'asciugamano. Ecco. Perché devi tormentarti sempre? Non agitarti, stai calmo. Ecco, prima questo... e poi l'altro... Ecco, così. Okay. Ecco. Ecco, mettiti questa.

Valentin: No, è... è tua.

Molina: No, non è mia, è nostra. Ora cerca di pulirti. Va bene. C'è ancora un po' qui... e qui.

Valentin: Gesù, ma non ti faccio schifo?

Molina: Mi si spezza il cuore a vederti così. Ecco, ho quasi finito. Bene. Ora lèvati la camicia.

Valentin: No, va bene così.

Molina: Dietro è sporca. Per favore. Fatto. Guarda che roba. Okay, ora... cerca di stare in piedi.

Valentin: No, puzzo.

Molina: La mia doccia settimanale è domani. Per mezzogiorno avrai tutto pulito. Ecco, così. Così. Sei completamente avvolto come un neonato.

Valentin: Veramente non ti fa schifo?

Molina: Mettiti giù. Ecco, bravo. Non vorrai prendere freddo. Eh, che peccato che non ho più borotalco. Ti senti comodo?

Valentin: Sì, ho solo freddo.

Molina: Ti farò una bella tazza di tè. Ti farà bene. Attento, è bollente, ti scotterai!

Valentin: Sinceramente sei molto gentile. Non so che cosa dire.

Molina: Non scottarti. Eh, uhm... questa ti è caduta dalla camicia.

Valentin: Su, leggila pure. So che sei curioso.

Molina: No, leggo solo lettere d'amore. Io di politica non ne so niente.

Valentin: È della mia ragazza. Si chiama Lidia.

Molina: Non si chiama Marta?

Valentin: Che ne sai tu di Marta?

Molina: Mentre dormivi ripetevi sempre il suo nome.

Valentin: Che cos'altro dicevo?

Molina: Nient'altro.

Valentin: Questa lettera è di Lidia. È la mia ragazza nel Movimento.

Molina: Ha una calligrafia da bambina.

Valentin: Non ha avuto una grande educazione. Ti voglio dire la verità: sotto la tortura, ogni volta che mi sentivo vicino alla morte, era a Marta che rivolgevo il pensiero, e lei mi salvava. Tutto il corpo mi doleva, ma non mi importava.

Molina: Com'è?

Valentin: Lei è molto fine. Alta borghesia. Ha quello che vuole. Denaro, bellezza, educazione. Libertà. Io sono un vero ipocrita, come tutti quei porci classisti. Devo ammettere che mi faceva comodo un posto sicuro dove stare quando ero costretto a nascondermi. Finché un bel giorno le dovetti parlare anche della mia seconda vita. Lei si limitò ad ascoltarmi in silenzio, come se già lo sapesse. Poi mi chiese di lasciare il Movimento. Ma come facevo a restare inattivo, quando i miei amici sparivano, ogni giorno? Capivo che aveva ragione, ma non avevo scelta. Così ancora una volta non seppi che cosa dirle.

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