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E la primavera trionfava, poesia di Jonathan Rizzo

Le persone corrono,
le stagioni passeggiano.
Azzoppati a guardarsi piedi infagottati
negli specchi vitrei occhi d'uomini in frantumi.
Fermi per un turno
a tirare i dadi in prigione
contro il muro.
Giocatore raro, non perde mai una mano.
La tartaruga più antica del mondo
fresca come il segreto del tempo
si rigenera in fiore
nel farsi seme giallo
sul terreno smosso
e senza chiedere il permesso
al parassita intossicato,
pedone dal sole a scacchi,
ad ogni batter di ciglia
rende il mondo un piccolo vicolo ad imbuto
nel giallo che si fa intenso schizzo per i matti.
Solo l'iettatori prìncipi sugli scudi
di quei giorni scuri
privi di princìpi di cui discuti
se te ne curi,
nei loro occhiali neri
rimanevano immuni
alla primavera che trionfava col fare dei puri
nei suoi sorrisi leggeri,
nei suoi profumi sicuri.
Non è chiesto al mondo di essere dei duri,
indi per cui sorridi sciocco che dissimuli la testardia dei muli
spacciando per fiori i tuoi inciampi insicuri.
Lo vedi il cielo che non ha bisogno di te?
Il profumo del mare ad un passo
non ti può spaventare,
richiamo alto nel piano basso
del paio bianco di gabbiano benedizione alare.
Le chiese chiuse sotto le campane vuote
fanno delle nostre preghiere
suore sole dalle mute parole.
Strade deserte di uomini anime perse
e cinguettii corrosivi sui rami arcobaleni.
Abbiamo chiuso gli occhi,
abbiamo ascoltato,
abbiamo solo sognato.
Le persone rallentano,
le stagioni le oltrepassano,
e già il dolce tepore va sbocciando
mentre la primavera trionfava.

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