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Alessandro Giuli
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Alessandro Giuli
Giornalista, conduttore tv e politico...
27 settembre 1975
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Togliamo in breve Salvini dal palcoscenico. Lui non è di destra e non ci tiene a esserlo: come ogni ex gruppettaro di sinistra, sebbene sorretto da un partito "classico" come la Lega di Umberto Bossi e Giancarlo Giorgetti, vive la condizione del trotzkista irrealizzato e perde centralità in mancanza di una tensione esasperata nella formula della "rivoluzione permanente". Ha compiuto un prodigio, certo, cavalcando l'onda populista gialloverde; tuttavia gli manca ancora il punto d'approdo fondamentale, la direzione di efficacia: il sovranismo, qui e ora, è un fenomeno europeo e mira a creare una nuova élite politica che rappresenta l'Europa romana come origine comune e destino di civiltà. Più imperialismo federale che boria delle nazioni, per dirla con Massimo Cacciari e Giambattista Vico.
Patria, Nazione, Stato: tre parole magiche. Incastonarle in una nuova Europa "romana" – intendendo Roma come Diritto delle genti (Ius), regolato dal Sacro (Fas) in un ente giuridico laico fondato su una cittadinanza condizionata ma universale – sarebbe il compito di una destra e perfino d'una sinistra ideali. Esisteranno mai queste forme ideali?
Gli Appennini, come ogni luogo elevato o comunque isolato dal frastuono dell'uomo-massa e dai suoi pensieri ossessivi, sono felicemente abitati dall'anima loquente della natura che chiamiamo Pan.
Il liberalismo, dove lo mettiamo? Lo lasciamo alla sinistra liberal come vorrebbero Carlo Calenda e Matteo Renzi? No. Una destra compiuta intanto pratica la liberalità senza teorizzare astrazioni liberiste, ma poi deve saper racchiudere in sé la forza propulsiva del patriottismo liberale, in un arco teso dal Risorgimento italiano a Voce Libera di Mara Carfagna. La sapienza ama la sintesi, insegnano i saggi. Nell'interesse nazionale.
Il mondo tradizionale, che non si esaurisce in un modello culturale perché non attiene alla sfera logico-discorsiva del mentale, non ha alcun bisogno d'essere rivalutato. Semplicemente "è", e non è dato non-essere, come insegnava Parmenide. Intendo dire che a un livello superiore, essenziale, archetipico, il mondo non è nemmeno "tradizionale": è se stesso, limpido e lucente come nello sguardo aurorale di un fanciullo. Non c'è un mondo tradizionale da salvare: è già salvo di suo, intatto e inaccesso ai nemici del divino. Chi si pone su un piano esteriore, profano, terrigeno, deve per necessità logica metterlo in contraddizione dialettica con quel che tradizionale non è, o non appare, e battersi affinché le porte d'accesso a quella dimensione superiore siano presidiate, protette e indicate a coloro che meritano, ma sopra tutto aperte cum grano salis affinché determinate forze vengano attratte nella dimensione fenomenica per purificarla e restaurarla di continuo nella sua bellezza, nella sua armonia. È questo il significato della Lustratio che i nostri padri praticavano periodicamente nei confronti delle città, degli eserciti, dei focolari, degli armenti. In questo contesto possono trovare un loro senso la cultura e la metapolitica, come strumenti ancillari, ulteriori, di un continuo processo magico teso alla riconquista del proprio sé vivente, divino.
Giorgia
[Meloni]
ha raccolto e rimpannucciato in solitudine un mondo disperso e derelitto, nato dalla nobiltà della sconfitta e morto nell'ignobilità della prova al potere finiana.
L'uomo è un progetto, ma non è scontato che l'esperimento riesca. Anche la così detta destra contemporanea ne è la prova visibile.
Nessun luogo è privo del proprio genio. Così ci insegna Servio.
Può nascere una destra diversa da quella dipinta nelle caricature sinistre o nei cattivi ricordi degli ex? Esiste già in natura. Bisogna aiutarla a camminare culturalmente sicura, portandone ad atto tutte le sue potenzialità.
Il dio moderno è la proiezione immaginaria di un'essenza irrealizzata. Gli antichi italici con gli dèi stipulavano contratti, ragionavano in modo pratico ma non per questo spoetizzante, quasi da pari a pari. La pax deorum romana era un accordo fisico e metafisico con gli dèi tutelari dell'Urbe, un patto sacro e civico al tempo stesso che garantiva ordine e concordia.
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