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Teo Teocoli
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Teo Teocoli
Attore e comico italiano
25 febbraio 1945
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Puoi trovare le
frasi di Teo Teocoli
anche in questi temi:
Acqua
Maschere
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L'altro giorno al mare ho fatto un tuffo e sott'acqua ho trovato un marocchino che voleva lavarmi il vetro della maschera.
Caro Adriano, ti auguro di continuare al Milan altri dieci anni, ma siccome abbiamo la stessa età prima o poi dovrai lasciare. Spesso lo incontro al ristorante e mi dice "dai, torna a San Siro!". Nel lavoro è inavvicinabile, nella vita è affidabile e generoso, io gli voglio molto bene... soprattutto perché la sua imitazione mi ha fatto guadagnare un sacco di soldi!
Non ditemi che Berlusconi non ha soldi... sono stupito dalla vendita di Kakà, Pirlo, Ibra, Thiago, soprattutto di Pirlo, che oggi è il calciatore italiano più famoso. Ogni tanto quando uno tira una punizione il telecronista dice "alla Pirlo", ma lui è ancora vivo, eh?
Amico lettore, amica lettrice,
è mio preciso dovere morale e culturale premettere che io un libro non l'ho mai scritto e, se è per questo, non l'ho neanche mai letto, se si eccettuano due meravigliosi volumi che campeggiano sulla mia libreria, dai titoli misteriosi quanto affascinanti: NAPOLI A-L e NAPOLI M-Z, due rigorosi monumenti letterari (specialmente il primo) da cui amo estrapolare frasi a effetto o citazioni dotte (la mia preferita è Coalvito ing. Francesco, 6194562, prenderà il 7512654).
Ma, a parte questo, mi rendo conto di non avere una completa preparazione letteraria e potete dunque immaginare la mia sorpresa quando due simpatici nani di Milano, Baldini e Castoldi, si presentarono a casa mia per propormi di scrivere un libro.
Quei due allegri bagonghi dell'editoria, con quel modo di fare scanzonato e gioviale, quel rassicurante tono paterno, quel ricco assegno in bianco intestato a Felice Caccamo, mi hanno presto convinto.
Ormai avevo scelto quale sarebbe stata la mia nuova vita e la sera stessa decisi di cominciare; presi in mano una penna e iniziai a scrivere. Mi accorsi quasi subito che il mestiere dello scrittore è molto più duro di quanto si possa pensare; infatti le vocali mi venivano abbastanza bene, ma le consonanti erano davvero uno scoglio insormontabile; la f ricordava vagamente Pesaola visto di profilo, mentre la r era tale e quale a Bruscolotti in costume da bagno. Dopo sei ore di atroci sofferenze ero riuscito a scrivere soltanto la parola aiuola e la mano destra era ormai in preda a crampi lancinanti. Ero davvero distrutto e stavo per abbandonare quando, come spesso capita a noi scrittori, una idea geniale mi venne in aiuto: forse ero mancino.
Come per magia cominciai a scrivere fiumi di termini difficilissimi (non dimenticherò mai il momento in cui dalla mia penna uscì la parola elettrauto) e terminai il libro in poche ore.
Ed è proprio per questo che, in tutta coscienza, ai lettori di quest'opera mi sento di promettere un beato nulla.
Per più di vent'anni aspettavo la domenica per il rito dello stadio con gli amici. I miei idoli erano Rivera e Prati. Andavamo presto, prima al bar Cicala, in piazzale Lotto, gestito da interisti che ogni volta ci dicevano "ma non potete andare da un'altra parte?", poi guardavamo lo stadio che si riempiva ed era già uno spettacolo.
[Su Roberto Mancini]
Il bel calcio ce l'ha nel DNA, non a caso è partito subito con grandi squadre. Lui e Montella sono i due veri allenatori italiani che potrebbero arrivare al livello di Ancelotti.
[Su Massimo Ferrero]
È pittoresco. Facile correre per il campo e far sorridere quando si vince. Voglio vederlo quando perde.
La facilità allo scontro mi arriva da un'infanzia difficile. Mamma veniva da una famiglia di giostrai, papà era andato in Marina sotto le bombe inglesi. Dopo la guerra siamo sbarcati a Milano, zona Niguarda-Fulvio Testi a quei tempi quasi campagna. Mamma cuciva in sartoria, papà non lavorava e non si vedeva mai, meglio perché quando arrivava mi picchiava di brutto: il classico padre-padrone.
Ero un disadattato: di fronte al bidello in divisa ho pianto per ore, facevo fatica a scrivere e leggere, non capivo nemmeno il concetto di proprietà. Mi chiamavano terun, africa, baluba, altro che non incazzarsi..! È un miracolo che sia arrivato a ragioneria perché non ho mai studiato niente, giuro. M'intortavo le prof, facevo ridere anche loro.
La popolarità arrivò negli anni Sessanta, con la pubblicità, i primi show, la musica.
Papà veniva spesso in teatro, soprattutto in camerino, a chiedermi soldi. E io pronti, l'accontentavo: era pur sempre mio padre. Mamma ha vissuto di più e m'ha visto ai massimi.
Altri autori di aforismi
Tennyson, Alfred
Teodora
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