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Tommaso Labate
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Tommaso Labate
Giornalista e conduttore tv italiano
26 novembre 1979
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Puoi trovare le
frasi di Tommaso Labate
anche in questi temi:
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Il tifo è una forma d'amore assai strana. Mamma, papà, fratelli e sorelle, quelle meravigliose presenze della nostra vita che orribilmente chiamiamo «partner», ecco, li si ama più o meno tutti con lo stesso metodo. Non nello stesso modo ma con lo stesso metodo sì.
La squadra di calcio no, ciascuno la ama con un metodo tutto suo perché il tifo è più complicato dell'amore.
Bisogna leggere i giornali o essere addetti ai lavori per rendersi conto che le scalette dei telegiornali - di tutti i telegiornali nazionali - in realtà sono mutuati dagli articoli della stampa, dei giornalisti e dei giornali ai quali si affidano.
Costruire un retroscena è un'arte. Però se il mondo dei retroscena è infestato di retroscena finti e di gente e siti che se li inventano, a questo punto si svilisce il genere, che comunque ha dato tantissimo al giornalismo.
Ci sono due cose che vanno di pari passo, tutte e due in una direzione non positiva per il giornalismo. Sapete come la crisi economica incide sulla stampa: entrano in crisi le aziende; le aziende fanno meno pubblicità; la gente compra meno giornali; la pubblicità nei giornali costa meno etc. Ci troviamo nella situazione paradossale di avere la società iperinformata - più informata, più connessa, più attiva, più attenta della storia di sempre - con l'informazione a pagamento più in crisi di sempre. Come se fossimo sopra una miniera d'oro e non riuscissimo a raggiungerla.
I grandi scandali della storia politica italiana e internazionale sono nati attraverso i retroscena. La questione delle fonti è molto importante, ma anche nel giornalismo statunitense, considerato il più ligio a determinate liturgie e regole, certe fonti non si citano. Si dice: "Dice che la persona vicina al dossier è un membro del governo che...". Poi è come con la marca degli orologi o dei biscotti: se ti fidi della firma che l'ha scritto, l'autorevolezza della firma fa premio con la garanzia che il fatto esista oppure no. E l'autorevolezza te la guadagni se, invece di scrivere cose che non si sono mai realizzate, scrivi di cose che si realizzano. Premesso che tutti possono sbagliare.
Il giornalismo vive un momento di crisi anche come professione in sé stessa. Abbiamo meno inviati ad Aleppo sul fronte di guerra in Siria ma gli inviati negli Stati Uniti ce li avevamo, e nessuno di questi, uniti ai giornalisti americani, è riuscito a cogliere il fenomeno-Trump che stava scardinando l'America da dentro, proprio perché i giornalisti italiani, e a questo punto anche i big americani, erano dislocati nelle coste dove, in realtà, succedeva poco o nulla rispetto a quello che stava travolgendo l'America "dal di dentro". È una crisi economica, che incide sul fatto che abbiamo pochi inviati in giro, ma è anche una crisi di qualità dei giornalisti attuali. Il caso americano è la prova per cui tu gli inviati ce li puoi avere ma, comunque, un fenomeno non lo cogli.
La teoria dell'utilità marginale in economia
[...]
Se io ho fame, il primo hamburger che mangio ha un valore altissimo per me. Ma se ne ho mangiati già 100 durante il giorno l'ultimo ha valore Zero. Per cui: "Guarda cos'è successo alle dieci!", "guarda cos'è successo alle undici!", "incredibile alle dodici!", magari alle quattordici succede veramente la notizia incredibile e i lettori non se la filano più.
Viviamo nella società che legge meno giornali in assoluto e che è, paradossalmente, più informata rispetto al passato, anche perché ciascuno, con internet in mano, è più o meno cosciente di essere informato. Poi, se lo sia, bene o male, è un'altra questione.
Non c'è dubbio che la stampa abbia vinto rispetto ai social perché il pubblico ha capito la fatica che c'è dietro la verifica delle notizie. Basti guardare alla curva discendete degli audio anonimi che all'inizio della emergenza giravano tramite Whatsapp: oggi nessuno gli da più credito.
Quando ho iniziato a scrivere questo libro sulle complessità del tifo calcistico in generale, e sulle mille complicazioni dell'essere un tifoso dell'Inter in particolare, il popolo nerazzurro stava festeggiando la conquista di uno scudetto; quando l'ho terminato, il clima di festa ha lasciato campo libero a un'atmosfera luttuosa, i sorrisi ai musi lunghi, la gioia alla tristezza, poi alla rabbia, poi ancora alla paura, quindi allo sconforto.
Ho iniziato a scrivere questo libro con i massimi dirigenti dell'Inter che promettevano un altro scudetto già per la stagione successiva, «abbiamo vinto il nostro diciannovesimo titolo nazionale e il prossimo anno vinceremo il ventesimo», importante perché alla conquista del ventesimo scudetto sulla maglia puoi cucire una seconda stella gialla (se ne aggiunge una ogni dieci scudetti, per cui gli scudetti multipli di dieci si chiamano «scudetti della stella»); quando l'ho finito, tutti i bookmaker che avevano indicato l'Inter come la strafavorita della stagione 2021-22 hanno rivisto al ribasso le loro previsioni.
La prima parola di questo libro è stata scritta quando i due principali artefici dell'ultimo anno di successi nerazzurri, l'allenatore Antonio Conte e l'attaccante Romelu Lukaku, erano ancora sotto contratto con la società; quando ho messo l'ultimo punto alla fine dell'ultima pagina, nessuno dei due figurava più tra i tesserati dell'Inter. Tra i protagonisti dell'ultima meravigliosa stagione c'era anche un terzino marocchino di nome Achraf Hakimi; non c'è più neanche lui.
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