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Commenta la poesia di Carlos Drummond de Andrade

Di tutto è rimasto un poco. | Della mia paura. Del tuo ribrezzo. | | Dei gridi blesi. Della rosa | è rimasto un poco. | | È rimasto un poco di luce | captata nel cappello. | Negli occhi del ruffiano | è restata un po' di tenerezza | (molto poco). | | Poco è rimasto di questa polvere | che ti coprì le scarpe | bianche. Pochi panni sono rimasti, | pochi veli rotti, | poco, poco, molto poco. | | Ma d'ogni cosa resta un poco. | Del ponte bombardato, | delle due foglie d'erba, | del pacchetto | -vuoto- di sigarette, è rimasto un poco. | | Ché di ogni cosa resta un poco. | È rimasto un po' del tuo mento | nel mento di tua figlia. | | Del tuo ruvido silenzio | un poco è rimasto, un poco | sui muri infastidì, | nelle foglie, mute, che salgono. | | È rimasto un po' di tutto | nel piattino di porcellana, | drago rotto, fiore bianco, | di rughe sulla tua fronte, | ritratto. | | Se di tutto resta un poco, | perché mai non dovrebbe restare | un po' di me? Nel treno | che porta a nord, nella nave, | negli annunci di giornale, | un po' di me a Londra, | un po' di me in qualche dove? | Nella consonante? | Nel pozzo? | | Un poco resta oscillando | alla foce dei fiumi | e i pesci non lo evitano, | un poco: non viene nei libri. | | Di tutto rimane un poco. | Non molto: da un rubinetto | stilla questa goccia assurda, | metà sale e metà alcool, | salta questa zampa di rana, | questo vetro di orologio | rotto in mille speranze, | questo collo di cigno, | questo segreto infantile... | Di ogni cosa è rimasto un poco: | di me; di te; di Abelardo. | Un capello sulla mia manica, | di tutto è rimasto un poco; | vento nelle mie orecchie, | rutto volgare, gemito | di viscere ribelli, | e minuscoli artefatti: | campanula, alveolo, capsula | di revolver... di aspirina. | Di tutto è rimasto un poco. | E di tutto resta un poco. | Oh, apri i flaconi di profumo | e soffoca | l'insopportabile lezzo della memoria. | | Ma di tutto, terribile, resta un poco, | e sotto le onde ritmate | e sotto le nuvole e i venti | e sotto i ponti e sotto i tunnel | e sotto le fiamme e sotto il sarcasmo | e sotto il muco e sotto il vomito | e sotto il singhiozzo, il carcere, il dimenticato | e sotto gli spettacoli e sotto la morte in scarlatto | e sotto le biblioteche, gli ospizi, le chiese trionfanti | e sotto te stesso e sotto i tuoi piedi già rigidi | e sotto i cardini della famiglia e della classe, | rimane sempre un poco di tutto. | A volte un bottone. A volte un topo. | | [da "La rosa del popolo", 1945]

Carlos Drummond de Andrade

Titolo della poesia: Residuo

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