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Frederick Forsyth
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Frederick Forsyth
Scrittore, giornalista e aviatore...
25 agosto 1938 - 9 giugno 2025
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La Gran Bretagna è un paese che rispetta la privacy. I britannici sono probabilmente gli unici al mondo che non hanno l'obbligo di portare con sé documenti d'identità. Se a uno di loro viene chiesto di dimostrare chi è, di solito gli basta esibire una lettera con il suo indirizzo, come se questo potesse dimostrare qualcosa. Una patente di guida, anche se quelle inglesi non hanno la fotografia del titolare, è considerata una prova sicura. Le autorità sono ben disposte a credere che un uomo sia chi dice di essere.
Il ragazzo stava morendo, solo come un cane. Nessuno lo sapeva, e comunque c'era soltanto una persona alla quale sarebbe importato. Ridotto a pelle e ossa dalla droga, era gettato su un materasso puzzolente nell'angolo di una topaia, un edificio abbandonato parte di uno dei tanti progetti di edilizia popolare falliti, ad Anacostia, una zona di Washington di cui la città non va fiera e in cui i turisti non si avventurano mai.
Se avesse saputo che la sua morte avrebbe scatenato una guerra, il ragazzo non avrebbe capito e non gliene sarebbe fregato nulla. Ecco cosa fa, la droga. Ti brucia il cervello.
Il sogno tornò di nuovo, poco prima che iniziasse a piovere. Preso com'era dal sogno, lui non ud¡ neppure la pioggia.
Ecco di nuovo la radura nella macchia siciliana, sopra Taormina. Lui che usciva dal folto e si avviava lentamente verso il centro dello spiazzo, come stabilito. Teneva la valigetta nella destra. Arrivato in mezzo alla radura, si fermò, posò per terra la valigetta, arretrò di alcuni passi e si lasciò cadere in ginocchio, come d'accordo. La valigetta conteneva un miliardo di lire.
Fa freddo a Parigi, alle sei e quaranta di mattina in una giornata di marzo, e il freddo sembra ancor più intenso quando sta per essere giustiziato un uomo. L'11 marzo 1963, a quell'ora, nel cortile principale di Fort d'Ivry, un colonnello dell'aviazione francese era in piedi davanti a un palo conficcato nella ghiaia gelida e mentre gli legavano le mani fissava con incredulità sempre meno evidente il plotone di fronte a lui, a una ventina di metri.
Tutti commettiamo degli errori, ma far scoppiare la Terza guerra mondiale sarebbe stato un errore piuttosto grave. Continuo a sostenere che non è stata tutta colpa mia. Ma andiamo con ordine. Nel corso della mia esistenza sono sfuggito per un pelo alla collera di un trafficante d'armi ad Amburgo, sono stato mitragliato da un MiG durante la guerra civile nigeriana e sono atterrato in Guinea-Bissau durante un colpo di Stato. Sono stato arrestato dalla Stasi e ospitato dagli israeliani, l'IRA mi ha spinto a un rapido trasferimento dall'Irlanda all'Inghilterra, mentre un'affascinante agente della polizia segreta cecoslovacca... Be', le sue azioni sono state un po' più intime. E questo è solo l'inizio. Sono tutte situazioni che ho vissuto dall'interno, eppure sono sempre stato un outsider.
«Bene» disse. «Montiamo l'ordigno. A proposito, hai mai visto una bomba nucleare?»
«No» rispose Petrovsky con voce rauca. Era un esperto di combattimento senz'armi, non aveva paura dei pugni, dei coltelli e delle armi da fuoco. Ma l'imperturbabile giovialità con cui Vassiliev maneggiava le componenti di un'arma in grado di distruggere una città lo preoccupava. Come tanti altri, considerava la scienza nucleare una specie di arte occulta.
«Un tempo erano molto complicate» spiegò l'Assemblatore. «Molto grosse, anche quelle non troppo potenti, ed era possibile fabbricarle soltanto in laboratorio. Oggi sono ancora così quelle veramente sofisticate, le armi all'idrogeno da molti megatoni. Ma la bomba atomica è stata semplificata al punto che è possibile assemblarla su un comune banco d'officina. Basta avere le componenti, è ovvio, un po' di cautela e una certa competenza.»
Tutti sembrano ricordare con grande precisione quello che stavano facendo il 22 novembre 1963, nel preciso istante in cui apprendevano la notizia della morte di Kennedy. Il presidente era stato colpito alle 12.22 ora di Dallas, e l'annuncio della sua morte era arrivato mezz'ora dopo, in base allo stesso fuso orario. A New York erano le 2.30, a Londra le 19.30 e ad Amburgo le 20.30 di una sera fredda e spazzata dal nevischio.
L'uomo a cui non restavano che dieci minuti di vita stava ridendo.
Il motivo del suo divertimento era un aneddoto raccontato dalla sua assistente personale, Monique Jaminé, che lo accompagnava dall'ufficio a casa in quella sera fredda e piovigginosa del 22 marzo 1990.
L'episodio riguardava una collega della Space Research Corporation di rue de Stalle, una donna che tutti credevano un'autentica mangiauomini e che invece era risultata essere lesbica. L'inganno solleticava lo spirito da caserma dello scienziato.
L'uomo in grigio decise che avrebbe rubato i famosi diamanti Glen a mezzanotte. Purché fossero ancora nella cassaforte e l'appartamento fosse deserto. Questo doveva assolutamente saperlo con certezza. Perciò spiava e attendeva. Alle sette e mezzo la sua pazienza fu ricompensata.
Non splendevano stelle quella notte sopra la pista d'atterraggio nella boscaglia, e nemmeno la luna; vi erano soltanto le tenebre dell'Africa occidentale che avvolgevano gli sparsi gruppi simili a velluto caldo e bagnato. Lo strato nuvoloso quasi sfiorava le chiome degli alberi iroko e gli uomini in attesa si auguravano che ancora per qualche tempo non si dissolvesse, per proteggerli dai bombardieri.
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Forster, Edward Morgan
Forti, Chico
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