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Liliana Cavani
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Liliana Cavani
Regista e sceneggiatrice italiana
12 gennaio 1933
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30
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Puoi trovare le
frasi di Liliana Cavani
anche in questi temi:
Registi
Simpatia
Solitudine
Morte
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Il mio è un mestiere complesso, non conosco un collega a cui sia sempre andato tutto bene. I registi, ne conosco, sono spesso persone complicate ma al tempo stesso anche ingenue, capaci di soffrire molto ma anche di rallegrarsi presto. Ho sempre provato simpatia per i miei colleghi uomini o donne perché condivido tante loro ansie.
Francesco per me è un viaggio.
[San Francesco d'Assisi]
lo si sta scoprendo solo da qualche tempo, è stato il rivoluzionario più totale. Mentre il comunismo ha vantato l'uguaglianza, lui ha vantato la fratellanza, che è tutta altra cosa, un'altra visione sulla natura del mondo. Non siamo uguali, ma possiamo essere fratelli. Un concetto di una modernità incredibile.
Non ho mai voluto il cognome di mio padre. Si era fatto vivo tardi e io ho voluto a quel punto tenere il cognome della famiglia di mia madre. In seguito quando sono venuta a Roma e lui abitava lì, non si ricreò un clima affettivo. Diventai molto amica di una sua compagna, una pittrice fantastica intelligente e accogliente. Lui fatalmente era amico di persone delle quali poi diventai amica anche io, della Roma intellettuale, però non ho mai sentito il bisogno del suo appoggio, proprio perché non c'era quasi mai stato. Se era per lui (lo disse a mia madre quando facevo il liceo) dovevo trovarmi un marito e imparare a fare le tagliatelle. Eppure si credeva moderno.
Ci sono tante cose belle e tante tremende nell'individuo. Ignorarle sarebbe da sciocchi, ci sono tutte e due. Eppure l'uomo ha potenzialmente tutto in sé dall'alfa all'omega, intendo l'uomo che pensa che immagina che approfondisce che cerca.
Io sono ingenua. Mia madre mi ha sempre detto che lo ero troppo, mi metteva in guardia. Invece avere fiducia non guasta. Certo prendi delusioni, ma io ho incontrato tante persone valide, intelligenti. Se sospetti sempre, se hai paura della delusione, poi non fai mai niente. Mia madre mi dava dell'ingenua perché io vado, faccio, mi butto, provo. Ma l'ingenuità va bene, ti aiuta ad aprire delle porte, a superare ostacoli. Altrimenti, se stai troppo ad analizzare tutto quanto, finisci davvero a perdere tempo e ti impedisci tutto l'imprevisto.
Una mattina che uscivo sul corso per andare a giocare al parco vidi tante persone tutte agitate che andavano verso la piazza. E allora io che faccio? Vado anch'io. C'era una folla vicino al castello, vidi dei repubblichini che mandavano indietro la gente. Io, essendo più piccola, riuscii a farmi largo. All'alba avevano ammazzato sedici partigiani, e infatti oggi si chiama piazza dei martiri, e io li vidi. Un gruppo di giovani uomini, gettati l'uno sull'altro a terra, col sangue raggrumato. E i parenti erano tutt'intorno tenuti fermi dai repubblichini. Impedivano di portarseli via, dovevano stare lì al momento, come esempio, come nell'Antigone. Quell'episodio, tutti quei cadaveri, mi tornò in mente quando giravo il film I cannibali, l'avevo cancellata. Ma ora è come se la vedessi, nei minimi dettagli. Eppure non l'avevo mai raccontata a nessuno, neanche in casa mia, evidentemente un meccanismo di rimozione mi aveva fatto dimenticare.
Il passaggio tra il non sapere e la coscienza che c'è la vita e la morte nessuno te lo spiega. Ognuno forse lo apprende così, dagli eventi della vita come lo ho appreso io
[da bambina]
. Chi vedendo un parente che muore, chi un amico. D'altronde è un'iniziazione, che ti costringe a ragionare, a capire.
Abitavamo a Carpi sul corso Vittorio Emanuele, e alla fine c'era il Parco. Nel parco c'era l'ospedale, e nell'ospedale c'era l'obitorio. Come tutti i bambini ero curiosa e vedendo tante persone che andavano in una stanza un giorno le ho seguite, così ho visto il mio primo morto dai piedi.
Mi piace la solitudine quando la scelgo, quando ne ho necessità, cosa che mi accade e allora diventa una solitudine necessaria e anche bella. E' come l'aria che entra dalle finestre aperte di casa dopo che sono state chiuse. Una solitudine temporanea e scelta fa sempre molto bene, bisognerebbe prescriverla. È equilibrante soprattutto se si amano persone, perché si ha modo di pensarle meglio, più liberamente, di desiderare il loro bene davvero, cosa che non è sempre facile.
Avevo un amichetto che perse la madre quando aveva sette o otto anni.
[...]
L'avevano esposta in casa e c'erano tutte queste persone intorno a lei, e io mi chiedevo ma perché non la svegliano? Perché non si muove? Non capivo il passaggio... era nella bara vestita, ma non parlava, era immobile. Il bambino non domanda, rimane attonito in queste occasioni, poi mette insieme le cose, le assomma.
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