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Emilio Salgari
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Aforismi di Emilio Salgari - pagina 3
Emilio Salgari
Scrittore italiano
21 agosto 1862 - 25 aprile 1911
Frasi in elenco
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Pagina:
3
di
6
Puoi trovare le
frasi di Emilio Salgari
anche in questi temi:
Viaggio
Bagagli
Scrivere
Sigarette
Miseria
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Non avete udito mai parlare di mastro Catrame? No?...
Allora vi dirò quanto so di questo marinaio d'antico stampo, che godette molta popolarità nella nostra marina: ma non troppe cose, poiché, quantunque lo abbia veduto coi miei occhi, abbia navigato molto tempo in sua compagnia e vuotato insieme con lui non poche bottiglie di quel vecchio e autentico Cipro che egli amava tanto, non ho mai saputo il suo vero nome, né in quale città o borgata della nostra penisola o delle nostre isole egli fosse nato.
La mezzanotte del 20 aprile 1847, un acquazzone diluviale, accompagnato da scrosci di folgore e da impetuosi soffi di vento subissava la solitaria e selvaggia Mompracem, isola situata sulle coste occidentali di Borneo, e il cui nome bastava in quei tempi a spargere il terrore a cento leghe all'intorno. L'abitazione della Tigre della Malesia, posta come aquila su di una gran rupe tagliata a picco sul mare, a cinquecento passi dalle ultime capanne del villaggio di Gjehawem, quella notte, contro il solito, era illuminata. Dai vetri colorati di una stanza a pianterreno, uscivano getti di luce rossigna, che rischiaravano fantasticamente le asperità delle roccie e le trincee e le gabbionate sparse all'esterno.
– Mastro Bill, dove siamo?
– In piena Malesia, mio caro Kammamuri.
– Ci vorrà molto tempo prima di arrivare a destinazione?
– Birbone, ti annoi forse?
– Annoiarmi no, ma ho molta fretta e mi pare che la Young-India cammini adagio.
Mastro Bill, un marinaio sui quarant'anni, alto più di cinque piedi, americano puro sangue, sbirciò con occhio torvo il suo compagno. Questi era un bell'indiano di ventiquattro o venticinque anni, di alta statura, d'una tinta molto abbronzata, di lineamenti belli, nobili, fini, cogli orecchi adorni di pendenti e il collo di monili d'oro che gli ricadevano graziosamente sul nudo e robusto petto.
La cerimonia religiosa, che aveva fatto accorrere a Gauhati, una delle più importanti città dell'Assam indiano, migliaia e migliaia di devoti seguaci di Visnù, giunti da tutti i villaggi bagnati dalle sacre acque del Brahmaputra, era finita.
La preziosa pietra di Salagraman, che altro non era che una conchiglia pietrificata, del genere dei corni d'Ammone, di color nero, ma che nel suo interno celava un capello di Visnù, il dio conservatore dell'India, era stata ricondotta nella grande pagoda di Karia, e probabilmente già nascosta in un ripostiglio noto solo al rajah, ai suoi ministri ed al grande sacerdote.
La notte del 24 agosto 1864, una nave correva bordate, a tutte vele sciolte, a centotrenta miglia a sud delle Aleutine, lunga catena di isole che si estende dinanzi al mare di Behring fra le coste dell'America e dell'Asia.
Era un magnifico veliero di oltre quattrocentoventi tonnellate, attrezzato a "barco", colla prua tagliata quasi ad angolo retto e munita di un solido sperone di acciaio, i fianchi piuttosto larghi e difesi da lamine di rame di notevole spessore. Alta era la sua alberatura, con uno sviluppo grandissimo di vele; libera quasi del tutto la sua coperta, ma untuosa e sdrucciolevole, senza cassero e senza castello. Sulla poppa, in lettere dorate, spiccavano questi due nomi: "Danebrog Aalborg".
Il 17 marzo del 1775, gran parte della flotta inglese stazionante nelle acque di Boston veleggiava verso l'alto mare, portando con sé la guarnigione, composta di più di diecimila uomini, sfiniti dal lunghissimo assedio. La caduta della città capitale della provincia di Massachusetts aveva portato un colpo terribile alla potenza inglese, che fino allora aveva trattato gl'insorti americani come masse trascurabili, chiamandoli sprezzantemente, invece di soldati, provinciali. Prima di andarsene, da veri lanzi tedeschi, poiché più che metà della guarnigione era composta di mercenari assiani e d'uomini del Brunswick, avevano saccheggiati tutti i negozi dei Bostoniani, portando via quanto vi era dentro di meglio; poi avevano guastate tutte le artiglierie, parte inchiodandole e parte gettandole in mare.
Il sole tramontava fra una nuvolaglia grigiastra che si era distesa, a poco a poco, gonfiata dal vento di ponente, sopra l'Atlantico.
Le onde, che riflettevano la luce, rumoreggiavano, correndo velocemente sull'immensa distesa fra le coste americane e le quattrocento Bermude poste, come tanti ridotti, intorno alla grande Bermuda, la unica isola abitata di quel vasto arcipelago sperduto in mezzo al grande Oceano orientale. Due navi avanzavano, coperte di vele fino al pomo degli alberetti, rollando dolcemente sotto i colpi delle onde che le investivano sulla dritta, sollevandole con fragore.
Ecco papà Catrame seduto sul barilotto, colle gambe incrociate alla maniera dei turchi, e circondato da tutti i marinai i quali sbarrano tanto d'occhi e aguzzano per bene gli orecchi per non perdere una sillaba dl quanto egli sta per narrare.
"Hurrah!" urlano diecimila voci.
"Evviva il Washington!"
"Hurrah per Mister Kelly!"
"Mille dollari a chi ci tiene!" grida una voce.
"Siete pazzo Paddy?... Li perderete: ve lo assicuro io."
"Duecento sterline!..." grida un'altra voce.
"Chi ci tiene?"
"Su chi scommettete?"
"Sulla riuscita della traversata!"
La mattina del 20 aprile del 1857, il guardiano del semaforo di Diamond-Harbour, segnalava la presenza d'un piccolo legno che doveva essere entrato nell'Hugly durante la notte, senza aver fatto richiesta di alcun pilota.
Sembrava un veliero malese, dalle dimensioni straordinarie delle sue vele, la cui superficie era immensa, però lo scafo non era precisamente simile a quello dei prahos, non essendo provvisto di bilancieri per appoggiarsi meglio sulle onde quando le raffiche aumentano di violenza, né avendo al centro quella tettoia che chiamasi attap. Anzi era costruito, a quanto pareva, con lamine di ferro anziché di legno, non aveva la poppa bassa, la tolda era sgombra e poi stazzava tre volte di più dei prahos ordinari, i quali di rado hanno una portata di cinquanta tonnellate.
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Salerno, Sabrina
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