Proverbi veneziani

Uno dei tratti distintivi dei proverbi veneziani va individuato nel loro essere, semplicemente, educativi, didattici: dietro queste brevi frasi, in dialetto o in italiano, si nasconde infatti una miriade di insegnamenti (più o meno diretti e più o meno evidenti) che meritano di essere notati e interiorizzati.

Chi entra in contatto per la prima volta con i proverbi veneziani, poi, non può fare a meno di notare la loro straordinaria musicalità (non a caso i dialetti veneti vengono spesso associati a dolci e ammalianti litanie): insomma, stile e contenuto vanno di pari passo in queste profonde sentenze.

• Chi no vol ben a le bestie, no vol ben a le persone.
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• La note de l'Epifania tute le bestie parla.
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• Ogni simile ama 'l so simile.
  [Per ischerzo anche ad uno che accarezza qualche bestia]
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• Val depí an ora de alegría que zhento de malinconía.
  
  [Vale più un'ora di allegria che cento di malinconia]
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• Magna e bevi che la vita xe un lampo.
  
  [Mangia e bevi che la vita è breve]
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• A voler saver de tuto, xè destin, se sa anca de freschin!
  
  [Voler sapere di tutto, è destino, si sa anche di freschino]
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• Meio morir bevui che magnai.
  
  [Meglio morire ubriachi che mangiati]
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• Porco passùo no crede a l'afamà.
  
  [Maiale pasciuto non crede all'affamato]
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• A la sera ciochi, a la matina bisi.
  
  [Alla sera ubriachi, alla mattina storditi]
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• Le disgrazie xe sempre pronte, come le tole dele osterie.
  
  [Le disgrazie sono sempre pronte, come i tavoli delle osterie]
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• Dòna zóena, vin vècio.
  
  [Donna giovane, vino vecchio]
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• Pan padovan, vini visentini, tripe trevisane e done veneziane.
  
  [Pane padovano, vini vicentini, trippe trevigiane e donne veneziane]
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• Chi ga inventà el vin, se nol xe in Paradiso, el xe vissìn.
  
  [Chi ha inventato il vino, se non è in Paradiso, è lì vicino]
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• Tromba di culo, sanitá di corpo; yúteme culo, se no son morto.
  
  [I rumori del culo danno sanità al corpo; aiutami culo altrimenti sono morto]
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• Tant maña zhincue que síe.
  
  [Tanto mangiano in cinque che in sei]
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• Prima i me dent e dopo i me parént.
  
  [Prima i miei denti e poi i miei parenti]
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• Polenta e formái, ma a caxa soa.
  
  [Polenta e formaggio ma a casa propria]
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• Pitóst crepapanzha que roba vanzha.
  
  [E' meglio mangiare a crepapelle che far avanzare cibo]
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• Par la boca se scalda al forno.
  
  [Attraverso la bocca si scalda il forno (lo stomaco)]
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• Mai mañar tut cuel que se á; mai créder tut cuel que se dis; mai dir tut cuel que se sa.
  
  [Mai mangiare tutto ciò che si ha; mai credere a tutto ciò che si dice; mai dire tutto ciò che si sa]
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• La menestra riscaldada no la é mai bona.
  
  [La minestra riscaldata non è mai buona]
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• I faxúi e la polenta i é la carne de la dente poareta.
  
  [I fagioli e la polenta sono la carne dei poveri]
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• Cuel que se maña co gusto, no l fá mai mal.
  
  [Ciò che si mangia con gusto non fa mai male]
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• Cuel que bíu ben, al dorm ben; e cuel que dorm ben, no l fá pecá; ma cuel que no fá pecá, al nda in paradixo: elora beón fin que crepòn.
  
  [Chi ben beve, ben dorme; chi ben dorme non fa del male; chi non fa del male va in paradiso: allora beviamo bene finchè moriamo]
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• Co no guen é pi polenta, le é bone anca le cróstole.
  
  [Quando non c'è più polenta son buone anche le croste]
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• Co la barba la tra al bianquín, asa la zhémena e trate a al vin.
  
  [Quando la barba imbianca lascia la femmina e buttati nel vino]
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• Al acua la inmarzhís i pai.
  
  [L'acqua marcisce i pali]
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• A tuti gue pias véder al choc in piazha, ma que no l sía de la so razha.
  
  [A tutti piace vedere l'ubriaco in piazza ma che non sia della sua famiglia]
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• A al choc tuti i ol dargue da bêr.
  
  [All'ubriaco tutti vogliono dar da bere]
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• Quando tuti te dise imbriago, va a leto.
  
  [Quando tutti ti dicono ubriaco, va a letto]
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