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Edin Dzeko
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Edin Dzeko
Calciatore bosniaco
17 marzo 1986
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Arrivo all'Inter, un grande club, la squadra Campione d'Italia. In questi sei anni in Serie A ho potuto constatare da vicino cosa è l'Inter e cosa rappresenta: ora ci posso giocare e sono molto contento. Non vedo l'ora di scendere in campo con i miei compagni.
[Raccontando la sua infanzia durante la Guerra in Bosnia ed Erzegovina.]
A me come a tanti bambini hanno rubato l'infanzia. È stato il periodo più brutto della mia vita. A Sarajevo vivevamo in 15 in 37 metri quadrati. Ci svegliavamo a volte senza avere quasi nulla per fare colazione. Mio padre era al fronte e tutti i giorni, quando suonavano le sirene, avevo paura di morire. Andavamo nei rifugi senza sapere mai quanto tempo dovevamo restarci. Certe esperienze rendono più forti e fanno apprezzare la vita nei momenti giusti. Quando hai avuto paura per la tua vita e quella dei tuoi familiari, i problemi del calcio sono niente al confronto. Non ho segnato? Fa niente, segnerò alla prossima partita. Le cose importanti sono altre.
Quando la guerra è iniziata avevo cinque anni. I miei rischiavano la vita per andare a lavorare in fabbrica e portare il cibo in tavola. All'inizio stavamo a Sarajevo, poi era troppo rischioso, ci siamo spostati fuori città, dai nonni: in quindici in un appartamento di quaranta metri. C'erano tanti bambini, i miei cugini: eravamo contenti anche se fuori era un disastro. Quando suonavano le sirene, ci portavano in cantina e non si sapeva se uscivamo dopo un'ora o un giorno. Lì avevo paura. Per fortuna i bambini dimenticano in fretta.
[Sul suo ruolo di capitano.]
La prima volta che sono stato capitano è stato negli ultimi sei mesi a Wolfsburg, poi sono andato al Manchester City. Negli ultimi sei anni sono stato capitano della Bosnia e sono orgoglioso. Poi esserlo a Roma dopo Totti e De Rossi è un grande onore in questa società meravigliosa. Io già da prima mi sentivo uno dei capitani, perché penso che ogni squadra abbia più di un leader dentro e fuori dal campo al di là della fascia.
Le sensazioni sono belle, sono molto felice. Questa è una grande opportunità per me, voglio ringraziare la dirigenza e il mister per la loro fiducia, perché pensano che io possa ancora fare la differenza.
[Su Simone Inzaghi]
Lo vedo ancora come un compagno di squadra. Sa gestire benissimo e per un allenatore è fondamentale. Ci sono 25 giocatori, non possono mai essere tutti contenti. Cerca di essere onesto con tutti. In campo se ci divertiamo così è grazie a lui.
Nel periodo in cui non ho segnato abbiamo vinto quasi tutte le partite: non puoi non essere contento. Se fossimo stati quarti, con me che segnavo poco mi sarei fatto delle domande. Siamo primi: così che devo chiedermi?
Se vai in un posto e ti metti a pensare cosa ha fatto chi c'era prima di te è meglio che non vai da nessuna parte.
Io sono uno che sa giocare il pallone e non guarda solo al gol. Dicono che devo segnare di più, ma se non lo faccio e vinciamo è bello lo stesso.
[Sente differenza tra croati, serbi, bosniaci?]
Non è importante come ti chiami, l'importante è essere uomo: questo è sacro.
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