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Federico De Roberto
Federico De Roberto
Frasi di Federico De Roberto - pagina 2
Federico De Roberto
Scrittore italiano
16 gennaio 1861 - 26 luglio 1927
Frasi in elenco
:
87
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Pagina:
2
di
9
Puoi trovare le
frasi di Federico De Roberto
anche in questi temi:
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Ignoranza
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Il signor Ossip-Lourié ha pensato di riunire in un maneggevole libretto tutti i pensieri, le sentenze e i giudizi di Leone Tolstoi, traendoli con molta pazienza dalle sue opere e raggruppandoli in tredici paragrafi, nei quali si ragiona della vita e della morte, della religione e della scienza, del patriottismo e dell'istruzione, e via dicendo.
"Il nonno! Il nonno!... Arriva!... Eccolo qui!..."
Lasciata a precipizio la finestra, ella si mise a correre, insieme con Lauretta, per la casa; gridò dietro l'uscio della camera della mamma: "È arrivato!... È qui!..." scappò a chiamare le persone di servizio: "Stefana!... Camilla!... e tornò verso l'anticamera sgolandosi: "Nonno!... Nonno!... Eccoci, nonno!..."
Il nonno, seguito dal portinaio e dal facchino con le valigie, era a mezza scala quando ella arrivò dinanzi. Abbracciatala e baciatala sulle due guance, esclamò: "Teresina!... Come stai? Come sta la mamma?"
"Bene, nonnuccio... tutti bene!... Anche Lauretta... Dove s'è cacciata?... To': eccola lì!..."
Ciascuno commisera e lenisce il dolore altrui temendone uno simile per sè, e sperando che altri lo lenisca a lui.
«Vedi? Vedi quanto rispettano lo zio? Come tutto il paese è per lui?»
Il ragazzo stordito un poco dal baccano, domandò:
Che cosa vuol dire deputato?»
«Deputati,» spiegò il padre, «sono quelli che fanno le leggi nel Parlamento.»
«Non le fa il Re?»
«Il Re e i deputati insieme. Il Re può badare a tutto? E vedi lo zio come fa onore alla famiglia? Quando c'erano i Viceré, i nostri erano Viceré; adesso che abbiamo il Parlamento, lo zio è deputato!...»
L'avvenimento risale, assicurano, ai tempi di Noè, e in prova ne dànno i nomi di due quartieri: la Mecca e Zalisa, che sarebbero quelli di Lamech, padre del gran patriarca enologo, e di Elisa, nipote di quest'ultimo e quindi pronipote del primo. Chi avesse vaghezza di simili ed anche più bislacche interpretazioni etimologiche ne troverebbe, in certi libri, a dovizia; ma ciò che pare credibile è soltanto questo: che i Calcidesi venuti a fondar Nasso sotto Taormina, nel 758 prima di Cristo, ed avanzatisi sei od otto anni dopo, con la guida di Evarco, sino alle falde meridionali dell'Etna, non fondassero Catania, ma semplicemente mettessero una loro colonia nella città, l'origine della quale si perde nella notte dei tempi, leggendosi presso gli antichi scrittori che in un'età remotissima i terremoti dell'Etna fecero crollare «le muraglie boreali con le torri, prima opera dei Ciclopi»
Quando Ranaldi s'affacciò dal parapetto della tribuna, appoggiandovi la destra armata del cannocchiale, l'aula era spopolata. Scoccavano le due, e per aver salito più che in fretta le scale, dalla paura di perdere il principio dello spettacolo, il giovane ansava. Era anche un poco confuso e intimidito. Il bersagliere di guardia, al portone; più su, al primo piano, l'usciere che lo aveva avvertito di dover la sciare la mazza; l'altro usciere che, ancora più in alto, nella saletta già popolata di giornalisti vociferanti, gli aveva chiesto di mostrare la tessera, quasi sospettando in lui un intruso; quell'apparato, quella diffidenza, i visi sconosciuti, l'ignoranza della via, l'errore d'essere entrato nella sala del telegrafo prima di fare l'ultimo tratto di scale, lo avevano impacciato e quasi intimorito.
Dovunque sono uomini sono diversità di opinioni, disparità di sentimenti, differenza di umori, tali e tante variazioni temporanee o permanenti, che il consenso perfetto è impossibile, non dico fra tutti o fra molti, ma fra pochi, fra due.
Alcuni, tuttavia, combattono la teoria del Lombroso perché temono precisamente che sia diretta, o possa portare a comprimere, a deprimere i sentimenti d'ammirazione che il genio eccita nella mediocre e infima umanità, e a scemarne l'importanza sociale.
Contessa gentilissima e furibonda amica,
Mea culpa! Mea culpa! Mea maxima culpa!... Non basterà picchiarsi il petto, accusarsi umilmente, implorare perdono? Ella dice di no? La colpa mia è proprio irremissibile?... Via, mi lasci almeno sperare.
Soltanto la nostra ignoranza e la nostra indolenza chiamano fatale ciò che la nostra energia e la nostra intelligenza debbono chiamare naturale ed umano.
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