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Federico De Roberto
Federico De Roberto
Frasi di Federico De Roberto - pagina 4
Federico De Roberto
Scrittore italiano
16 gennaio 1861 - 26 luglio 1927
Frasi in elenco
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9
Puoi trovare le
frasi di Federico De Roberto
anche in questi temi:
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- Alla tua salute! E la donna, alzato il bicchiere ricolmo, lo vuotò d'un fiato. Michele Cardullo non rispose. Ripuliva la sua pipa col coltello da tasca dalla lama acuminata e ogni tanto sollevava gli occhi, girando uno sguardo per la corte dell'osteria, dove un crocchio di curiosi, intorno ai giuocatori di boccie, stavano intenti ai colpi.
Nella ragione non c'è amore, mentre ce n'è molto nella saggezza.
Fino a pochi anni addietro, quando i sociologhi in vena di profezia si proponevano la questione della fine della nostra civiltà, - giacché le civiltà fioriscono e finiscono come tutte le altre cose di questo mondo,- i sociologhi, dico, pensavano che la civiltà nostra soccomberebbe per opera di una nuova grande invasione barbarica, e vedevano nei Cinesi il nemico formidabile.
«La Monarchia ha fatto l'Italia.»
«Proprio lei, sola sola? E come l'ha fatta? Sponte o spinte? Con le vittorie, o a furia di disfatte? E che cosa è questa sua Italia? Dov'è la gloria, il lauro e il ferro che il vostro Leopardi andava cercando sessant'anni addietro? Ne avete notizia voi? Siamo l'ultima delle grandi nazioni, una ranocchia gonfiata sul punto di crepare, come quella della favola. Teoricamente, filosoficamente, non mi direte che il regno d'un sol uomo su tutti gli altri suoi simili sia l'ideale. L'ideale, se siete idealista, è tutto il contrario, è la repubblica sociale, l'eguaglianza e l'accordo di tutti. Utopia, sta bene, e lo sanno anche coloro che la sostengono; ma utopia generosa, non rassegnazione antipatica, come la nostra. Generosa e pericolosa, volete dire? Andate là, che il mondo non è caduto e non cadrà, per quante riforme e per quante rivoluzioni si facciano...»
Le lettere anonime sono una provvidenza. Data la fondamentale vigliaccheria umana, è provvidenziale che si possa far risapere una cosa o dare un consiglio senza arrischiar nulla.
La saggezza espressa dal genere umano nella secolare esperienza, ripete ai giovani che la gioventù, la salute, i piaceri, sono tutti beni fallaci e fugaci. Essa raccomanda però quelli morali e promette premii futuri che non sono meno chimerici. Allora perché non dire a quella giovinetta che le esteriori forme da lei ammirate e la stessa sua vita non erano altro che prodotti del principio maligno? Perché non aprirle gli occhi alla verità, se ella pareva tanto intelligente e tanto sensibile?... Non l'avrebbe compresa.
Alle tre, quando la campana annunziò la fine della lezione, il professore Domenico Perez non lasciò liberi, come avrebbe dovuto, i suoi discepoli. Spiegava da due ore un atto dell'Edipo Re e non voleva interromperlo. Dominando con la voce ferma e severa i moti d'impazienza della classe, andò avanti per un'altra diecina di minuti, sino alla fine; poi pronunziò la frase sacramentale:
– Basterà per oggi.
Appena uscito nel corridoio, in compagnia degli alunni più diligenti che gli rivolgevano ancora domande intorno alle cose udite, si vide accostare da Baldassare, il bidello.
– Signor professore, c'è un signore che lo aspetta.
Il regno d'Italia è dunque in guerra ad oltranza contro l'impero d'Austria: dall'Adige all'Isonzo, dalle vette delle Prealpi tridentine agli anfratti del Carso il bombardamento imperversa, la battaglia infuria.
Tre secoli addietro, nel 1595, a Wittenberg, furono pubblicamente sostenute cinquanta tesi per dimostrare che la donna non è una creatura umana. Oggi cinquantamila fra tesi, dissertazioni, conferenze, volumi e articoli di giornali attribuiscono al sesso femminile non solo le dignità che gli sono proprie, ma anche quelle che non gli convengono. Questa propaganda è uno dei segni particolari dell'età presente: come tale merita di fermare la nostra attenzione.
«Signore e signori, c'era una volta un critico il quale, affermando con straordinario calore la superiorità della Gerusalemme liberata di Torquato Tasso sull'Orlando furioso di Lodovico Ariosto, attaccò molte liti con le persone che non la pensavano come lui, e sostenne perciò uno dopo l'altro non meno di quattordici fortunati duelli; ma al quindicesimo, cadde finalmente col petto trapassato dalla lama nemica. Allora i padrini che afflittissimi lo sorreggevano e aspettavano di raccogliere le sue ultime volontà, lo udirono uscire in questa confessione suprema: "E dire che io non ho ancora letto né l'Orlando furioso né la Gerusalemme liberata!...".»
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