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Toto Cutugno
Toto Cutugno
Frasi di Toto Cutugno - pagina 2
Toto Cutugno
Cantautore italiano
7 luglio 1943 - 22 agosto 2023
Frasi in elenco
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19
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2
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Puoi trovare le
frasi di Toto Cutugno
anche in questi temi:
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Il cantautorato è riconosciuto ufficialmente quando l'artista muore: nella denegata ipotesi del mio trapasso, che la mia voce bitorzoluta si riversi a pioggia sul mondo intero!
[«All'epoca quel brano aveva un gusto internazionale, precursore dell'Europa unita e pacifista. Che canzone ci vorrebbe per celebrare l'Europa nel nuovo millennio?»]
La nostra Europa dovrebbe essere forte come l'America, come la Cina, e potrebbe diventarlo...Oggi ci vorrebbe una canzone con un arrangiamento molto moderno, una melodia bellissima e soprattutto con un testo che fa pensare.
[Toto, quando la fai?]
Quando sarai venuto a trovarmi nel mio studio, masticheremo insieme un po' di musica, ti farò ascoltare le canzoni del nuovo lavoro e poi giudicherai tu stesso se toccano il cuore.
Ogni volta devo precisare. Cotugno è cognome napoletano. Cutugno invece è siciliano. E mio padre Domenico era di Barcellona Pozzo di Gotto. Quindi io mi chiamo Cutugno, Salvatore Cutugno.
[...]
[«Nato però a Fosdinovo, in provincia di Massa Carrara, 75 anni fa»]
Sì, perché papà era un sottufficiale della Marina e lavorava a La Spezia. Aveva la passione per la tromba e faceva parte della banda musicale comunale. È stato lui ad avvicinarmi alla musica: il tamburino, la batteria, il pianoforte, la fisarmonica. Mia madre Olga, invece, era toscana. Donna piena di attenzioni, ma severa.
[«Mahmood è sicuramente il giovane talento che rappresenterà l'Italia all'Eurovision Song Contest. L'ultimo artista che ha fatto vincere il nostro Paese sei stato proprio tu con "Insieme: 1992", nel lontano 1990 a Zagabria»]
Come uomo – ahimè – sono l'unico, perché l'altra fu Gigliola Cinquetti nel '64. Ci vorrebbe un altro ragazzo italiano che vincesse! Mahmood ha tutte le carte in regola per potersi piazzare bene – ricordati quello che ti dico, Gino –, Mahmood è un ragazzo che farà molta strada!
Accesi, spenti e stupidi, speciali
Due consonanti perse in tre vocali
Son loro che ci aiutano a non sentirci soli
Perciò sono importanti
E li chiamiamo amori
Gli amori sotto un grande cielo
O chiusi in una stanza
Gli amori in cui hai perso la speranza
Gli amori con le spalle al muro
O quando dici, "Dio ci pensa"
Gli amori in cui non sei sicuro
A cui non dai importanza
Ma quanti amori, ma quali amori
Con il coraggio e la paura di volversi bene
Amori fragili che vanno via
Quelli in cui soffri solamente tu
E gli altri a dire, "Cosa vuoi che sia"
Quanti amori, ma quali amori
Amori ormai scoppiati
Che non sanno stare insieme
Amori al limite della follia
Quelli che trovi e che non lasci più
Gli amori a pezzi da gettare via
Immagina due mondi solitari
Sospesi tra le stelle in mezzo ai mari
A volte si avvicinano per non sentirsi soli
Per questo sono grandi
E li chiamiamo amori
Ma quanti amori, ma quali amori
Con il coraggio e la paura di volversi bene
Amori fragili che vanno via
Quelli in cui soffri solamente tu
E gli altri a dire, "Cosa vuoi che sia"
Quanti amori, ma quali amori
Amori appena nati con la voglia di restare insieme
Amori al limite della pazzia
Quelli che trovi e che non lasci più
Gli amori a pezzi da gettare via
Quanti amori, ma quali amori
Amori al limite della follia
Quelli che trovi e che non lasci più
Gli amori a pezzi da gettare via
Gli amori sono quasi tutti uguali
La differenza adesso falla tu
[«C'è stato un momento in cui hai pensato: "Ce l'ho fatta"?»]
Si, ai primi successi in Francia con Pallavicini. Anche se, raggiunto il successo, c'era da aspettare perché i proventi della SIAE per l'estero arrivavano un anno dopo. Io dicevo a Pallavicini che non avevo ricevuto niente e lui mi rispondeva: "Aspetta, aspetta !" Quando arrivò il primo assegno dalla SIAE io lo guardai e chiamai felice mia moglie: "Carla ! Quattro milioni, porca miseria !" Lei mi chiese di farglielo vedere e poi disse: "Ma non sono quattro milioni. Sono quarantuno !" Non avevo letto bene. Allora con quei soldi compravi tre appartamenti.
Nell'ottantacinque mi trovavo in Spagna, a Madrid, a fare la televisione, e c'era questo ragazzino che veniva dal Messico, con la mamma italiana. Dopo un po' di chiacchiere mi dice che la sua casa discografica era la Emi. Tornato in Italia, contatto quelli della Emi, proponendo loro di far venire quel ragazzino in Italia. Un po' di resistenza iniziale dovuta alla poca notorietà di Luis nel nostro Paese, ma mi diedero carta bianca. Andai da Ravera, che all'epoca era l'organizzatore di Sanremo, e gli feci ascoltare la canzone che avevo scritto con Minellono, accompagnandola con il video di un'apparizione televisiva di Luis Miguel. "Okay, portiamolo al Festival!" si convinse Ravera. Luis cantò "Noi, ragazzi di oggi" nella serata del giovedì e il venerdì mattina decine e decine di ragazzine in delirio lo acclamavano come una star nella hall dell'albergo. Lì ho capito che avrebbe fatto successo. E così è stato.
In Italia non mi sento amato, qui sono quello che fa le canzoni popolari, il ruffiano. Non sono mai stato considerato un cantautore vero.
A Mosca la tv ha ripreso due serate in cui 24 grandi cantanti russi hanno cantato in italiano i miei successi. Qui in Italia lo farei se venissero gli artisti per cui ho scritto pezzi celebri: Adriano Celentano, Ornella Vanoni, Fausto Leali, Marcella Bella e Luis Miguel che lanciai con Noi, ragazzi di oggi nel 1985.
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