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Moise Kean
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Moise Kean
Calciatore italiano
28 febbraio 2000
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8
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[Sullo ius soli]
Io sono cittadino italiano dalla nascita perché i miei genitori sono arrivati qui più di trent'anni fa dalla Costa d'Avorio e sono italiani anche loro. Dispiace per chi non ha la cittadinanza anche se è nato qui: siamo nello stesso Paese e bisogna trattare tutti come italiani. Non c'è diversità.
[«La cazzata più grossa che hai fatto?»]
Quella volta che l'oratorio era chiuso, abbiamo scavalcato, acceso le luci e abbiamo giocato. Il prete pensava che stessero rubando in chiesa e ha chiamato i carabinieri. Qualcuno dei miei amici è riuscito a scappare, a me per sfiga mi hanno beccato. Mamma mi ha fatto il culo ed è finita lì.
Ho iniziato a giocare quando ero piccolo, per una squadra chiamata Don Bosco, ma poi avevo smesso per un po' perché ero solito arrivare in ritardo agli allenamenti, poiché mia madre non poteva accompagnarmi. Di solito mi presentavo alla fine dell'allenamento e così potevo giocare solo un paio di minuti prima che finisse tutto. Per questo avevo smesso di credere nel calcio per qualche tempo.
[«Ti rivedi in Balotelli?»]
Mi piace quando mi dicono che gli assomiglio come giocatore. Invece non mi sento uguale a lui fuori dal campo.
[«Tra i tuoi ricordi di bambino, qual è il primo che ti viene in mente?»]
Le partite per strada e in oratorio ad Asti, dove sono nato. In strada usavamo le auto come pali delle porte. Ne abbiamo fatte, di ammaccature... In oratorio andavamo la domenica. C'erano i peruviani, i marocchini... Facevamo le partite delle nazionali: Italia contro le altre. Avevamo un "don" molto paziente: lasciava aperto fino a mezzanotte, quando finalmente decidevamo di smettere.
Il primo ricordo che ho del pallone è di quando ero ad Asti, giocavo in oratorio,
[...]
sull'asfalto, se cadevi ti facevi male
[ma]
dovevi rialzarti lo stesso.
[...]
Ogni torneo era una battaglia. Se ti entravano in contrasto dovevi fingere di non sentire male, così le persone non ti avrebbero preso in giro: è così che ho imparato a giocare a calcio e quando cresci così, anche Giorgio Chiellini in allenamento non sembra così spaventoso.
[...]
Quando giochi a calcio in questo modo, impari a giocare con la fame. Impari che il calcio, come la vita, ha alti e bassi. A volte segni all'ultimo minuto di una partita e vinci per tutti, a volte no.
[«Hai sempre voluto giocare come attaccante?»]
No, in realtà avevo altro in mente. Volevo giocare come centrocampista ma mio padre non era molto contento di questo: "Devi vestire la maglia numero 9", mi ha sempre detto. Ha anche minacciato di non portarmi più agli allenamenti! Posso dire oggi che aveva ragione.
[Sul razzismo]
Amo la notte perché di notte tutti i colori sono uguali e io sono uguale agli altri.
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Kazan, Elia
Keane, Margaret
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