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Nikita Kruscev
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Frasi di Nikita Kruscev - pagina 5
Nikita Kruscev
Politico sovietico
15 aprile 1894 - 11 settembre 1971
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Puoi trovare le
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[Sulla rivoluzione ungherese del 1956]
Ricorrendo all'inganno e all'intimidazione, Imre Nagy trascinò il popolo alla rivolta e a una guerra fratricida. Fece parlare alla radio cittadini autorevoli, costringendoli a dichiararsi favorevoli alla sua guida e a denunciare il regime di Rakosi. Alcuni cedettero alle richieste di Nagy per paura, altri perché non si resero conto di quanto stava accadendo. Agli attivisti del partito e in particolare ai membri della polizia politica veniva data la caccia per le strade. I comitati di partito e le organizzazioni della polizia politica venivano fatti a pezzi. Si assassinava la gente impiccandola per i piedi ai lampioni. Si commettevano atrocità di ogni genere. In un primo tempo al movimento controrivoluzionario parteciparono soprattutto ragazzi. Erano bene armati perché avevano saccheggiato magazzini militari e depositi di munizioni. Poi ad essi si unirono reparti militari e nelle strade di Budapest cominciarono gli scontri. Alcuni reparti militari si impadronirono di pezzi d'artiglieria, per lo più cannoni antiaerei, e aprirono il fuoco sulla città. A Budapest cominciarono a tornare gli emigrati politiche erano stati costretti a fuggire dopo la sconfitta di Hitler e l'instaurazione del regime socialista. I paesi della NATO cominciavano già a mettere il naso nella faccenda. Versavano olio sul fuoco della guerra civile nella speranza che fosse rovesciato il governo rivoluzionario, liquidate le conquiste della rivoluzione e restaurato il capitalismo.
[Su Antonín Novotný]
Penso tutt'ora ch'egli sia un buon comunista, dedito alla causa del marxismo-leninismo ed alla classe lavoratrice. Su questo non ho mai avuto alcun dubbio. Quando lo vidi in azione, mi resi conto che si trattava d'un uomo la cui intera vita era votata la partito comunista cecoslovacco. In breve, stabilii con lui ottime relazioni.
Diventiamo nazionalisti nel momento in cui crediamo che ad una nazione competano diritti speciali e superiorità nei confronti delle altre. Da questo è cominciato il nazismo.
Quando Dulles morì, dissi ai miei amici che sebbene fosse stato un uomo che spirava da tutti i pori odio per il comunismo ed era ostile al progresso, non aveva mai oltrepassato quell'orlo della guerra di cui parlava sempre nei suoi discorsi, e per questo solo motivo dovevamo dolerci della sua morte.
Io credo che il Papa e io abbiamo caratteristiche comuni perché ambedue proveniamo da origini umili, abbiamo lavorato, nella gioventù, la terra, e sappiamo che cosa è lottare per ricavare dalla terra i frutti necessari per vivere.
Il partito è il cervello e l'occhio della nazione. Il partito deve vedere, deve capire, e deve fare in modo che anche gli altri capiscano, che tutta la nazione capisca. Ma il partito è divenuto una burocrazia pesante. È cresciuta, è un enorme burocrazia che interferisce con la produzione.
Non ho letto il suo libro, ma ne ho sentiti leggere alcuni brani alla radio. L'Occidente trasmette i passi che gli fanno comodo. Forse le parti che ho ascoltato non rispecchiavano l'intero libero, ma quanto veniva trasmesso suonava, a dir poco, strano. Sembrava scritto sotto l'effetto di un qualche sconvolgimento mentale o emotivo. Per esempio, nel suo libro Svetlanka scrive che era solita farsi il segno della croce e che era molto religiosa. Non credo sia mai stata davvero religiosa. C'è qualcosa di strano e perfino di malato nel suo libro. Non riesco a capacitarmene. Come può un cittadino sovietico, cresciuto nella nostra società, scrivere roba simile?
In generale gli americani dicono che possono distruggere tutti i russi. Lo sappiamo; possono ucciderne molti, e forse pochi sopravvivrebbero. Anche noi possiamo fare questo.
Penso che l'atteggiamento di Stalin nei confronti della Krupskaya fosse ancora un altro esempio della sua mancanza di rispetto nei riguardi di Lenin. Nulla era sacro per Stalin, neppure il nome di Lenin. Stalin non si permise mai neanche un sussurro contro la Krupskaya in pubblico, ma nella sua cerchia ristretta si lasciava andare a ogni genere di oltraggi contro di lei.
Noi, l'Unione Sovietica, appoggiamo le forze rivoluzionarie di tutto il mondo. Lo facciamo in virtù del nostro impegno internazionalista. Partecipiamo di tutto cuore alla lotta condotta dalle classi lavoratrici all'insegna della bandiera rossa sulla quale è iscritto il motto: «Proletari di tutto il mondo, unitevi!» Siamo contrari all'esportazione della rivoluzione, ma siamo anche contrari all'esportazione della controrivoluzione. Per questo sarebbe impensabile e imperdonabile che noi rifiutassimo il nostro aiuto alla classe operaia di un qualunque paese in lotta contro le forze del capitalismo.
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