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Vincenzo Cardarelli
Vincenzo Cardarelli
Frasi di Vincenzo Cardarelli - pagina 2
Vincenzo Cardarelli
Poeta italiano
1 maggio 1887 - 18 giugno 1959
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Oggi la primavera
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è un vino effervescente.
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Spumeggia il primo verde
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sui grandi olmi fioriti a ciuffi
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dove il germe già cade
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come diffusa pioggia.
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Fra i rami onusti e prodighi
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un cardellino becca.
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Verdi persiane squillano
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su rosse facciate
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che il chiaro allegro vento
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di marzo pulisce.
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Tutto è color di prato.
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Anche l'edera è illusa,
|
la boraccina è più verde
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sui vecchi tronchi immemori
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che non hanno stagione,
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lungo i ruderi ombrosi e macilenti
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cui pur rinnova marzo il grave manto.
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Scossa da un fiato immenso
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la città vive un giorno
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d'umori campestri.
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Ebbra la primavera
|
corre nel sangue.
Io nacqui forestiero in Maremma, di padre marchigiano, e crebbi come un esiliato, assaporando con commozione precoci tristezze e indefinibili nostalgie. Non mi ricordo la mia famiglia, né la casa dove son nato, esposta a mare, nel punto più alto del paese, buttata giù in una notte come dall'urto di un ciclone, quando io avevo due anni appena.
Se oggi chiedi a uno di Tarquinia come le ragazze vengon su così colorite, al contrario di quel che accadeva una volta, ti risponderà additandoti la fontana. È l'acqua, è il miracolo dell'acqua che ha moltiplicato la popolazione e fatto rifiorire le guance di quelle giovinette che a tempo mio, in primavera, apparivano tutte un po' estenuate ed anemiche, e andavano a farsi le iniezioni in farmacia, quando non si limitassero, per pudore, a bere qualche ovetto, a mangiare qualche bistecchina e a trangugiare con disgusto un mezzo bicchiere di vino rosso.
Fin da ragazzo ho amato le distanze e la solitudine. Uscire dalle porte del mio paese e guardarlo dal di fuori, come qualche cosa di perduto, era uno dei miei più abituali diletti. Piacere e terrore mi portavano in certi luoghi romiti, sacri alla morte, a cui però non pensavo se non per quel tanto che m'impediva d'inoltrarmi troppo in un così pauroso reame. Uscito da Porta Clementina, dove comincia la via del cimitero e delle tombe etrusche, la mia evasione, di solito, s'arrestava pochi passi più in là. Di rado mi spingevo fino a quella strana, disabitatissima villa, chiamata Villa Tarantola, che vede già il camposanto ed era allora per me un sito misterioso, enigmatico, evocante, nel suo nome, i velenosi ragni che danno il ballo di San Vito.
Fin dove il cuore mi resse arditamente mi spinsi.
Dovevamo saperlo che l'amore
brucia la vita e fa volare il tempo.
Un popolo che si getta nell'avvenire, trascurando, disconoscendo le sue tradizioni, è paragonabile ad un esercito che fa un'avanzata tagliandosi le retrovie.
L'idea che ci facciamo d'ogni cosa
è cagione che tutto ci deluda.
Le mie giornate sono
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frantumi di vari universi
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che non riescono a combaciare. La mia fatica è mortale.
Ruggono al vento le Fiamme Nere.
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E le Camicie Nere che s'avanzano
|
con violenza e voce d'uragano
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hanno le insegne, il grido, il passo, l'ordine
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delle antiche legioni.
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Quale cammino il tuo!
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Da quanto sangue fosti consacrata,
|
camicia storica.
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Ed era sul tuo panno come il sangue
|
d'una rondine uccisa.
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Ora sei la gloriosa,
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decente veste dell'Italia nuova.
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Beato chi sia degno di portarti
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a capo scoperto,
|
lungo le vie soleggiate.
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