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Franco Fortini
Franco Fortini
Frasi di Franco Fortini - pagina 2
Franco Fortini
Poeta e letterato italiano
10 settembre 1917 - 28 novembre 1994
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anche in questi temi:
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La narrazione si situa sempre dopo, mai prima, di un atto critico; ecco perché la continua presenza del saggista Mann, la sua ironia culturale, possono essere tanto indisponenti, far sospettare la fabbricazione. Paragonatelo a Cechov, a Joyce, a Proust, a Kafka; vi parrà un filisteo.
[Su Le mosche del capitale di Paolo Volponi]
Dopo Aracoeli della Morante (1982) non leggevo pagine narrative italiane con tanta partecipazione e ammirazione. Le due opere sono diversissime per modo di vedere il mondo e per uso del linguaggio. Quello è ultimativo e tragico; questo è drammatico, quindi non ultimativo. Hanno però in comune la certezza che il centro della realtà e verità abiti le buie viscere, dov'è il nodo tra fantasmi della mente e materia biologica. Nella Morante per una capitolazione catastrofica ed estatica, in Volponi per una aggressiva rivendicazione della corporeità di oppressi e di entità non umane diretta contro il delirio verbale del potere, inteso come laido ronzio di mosche. L'uno e l'altro raccontano una sconfitta e rovina, prima collettive e storiche che personali: il decennio settanta.
Tutta la ricchezza delle geniali invenzioni verbali di Manganelli presuppone un agio, nel lettore-spettatore, non molto diverso da quello di chi si immerge nei piaceri della pubblicità televisiva.
[...]
La fatale monotonia di Manganelli, che annulla la novità sostituendola con la perpetua sorpresa, deriva dalla incapacità di farsi mettere in discussione, foss'anche per un attimo, da un diverso sistema di giudizi e scelte (come Beckett e, naturalmente, Kafka, sanno invece accettare). Sembra che Manganelli voglia che l'acquirente non abbia sorprese: gli garantisce sempre un Manganelli di origine controllata. Ha sempre ragione. Dunque non ha ragione mai.
Se si crede in una frase di Brecht che dice: "La tentazione del bene è irresistibile", allora, si crede, anche, che si possano formare degli anticorpi capaci di trasformare lo schifo, la menzogna, le feci coltivate dalla cultura di massa in altro. È possibile, perciò, è doveroso mutare.
Una volta sperare era sperare
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aria d'amore o d'ozio o di campagna
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o d'infanzia risorta o un pianto o un mare
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dove spunti una vela, una montagna
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bruna per la distanza, una città
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dove perdersi in pace. Piano, un passo
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dopo l'altro, è mutata, spenti i simboli
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ridicoli, quei miti blandi limbi.
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E la speranza ora è convulso passo
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di bestia, entro di noi, che viene e va.
A Leningrado, vicino alla Nievà,
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una sera di pioggia si baciavano una donna e un marinaio.
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Mi tornano in mente quei due
|
quando condanno questa stanza, dove lavoro e invecchio.
Da tanto tempo abbiamo voluto piangere,
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ma di pietà e di gioia, per le fronti avvenire.
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Ora sappiamo che tutto nostro è il tempo,
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ora noi stessi siamo i nostri figli,
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dove in te, vento, penetriamo noi ultimi.
Appare
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al passo delle nuvole
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l'ombra che inquieta i trent'anni.
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Oscura le mie cupole
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le piazze disabitate.
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Come fa sera presto. Hai dormito,
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mi dico, hai dormito per tutta l'estate.
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Presto verrà il primo freddo.
[Carlo Cassola]
Un'aria ferma di tedio stupefatto.
C'era a quei tempi, ricordi,
nel Comitato Centrale
Mario Alicata.
Falsa faccia di vera tragedia
odiava molto,
molto ammoniva o con aria severa
minacciava.
La Causa
è stata con lui generosa:
dice di rispettarne la memoria.
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Altri autori di aforismi
Forti, Chico
Fosbury, Dick
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