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Nazim Hikmet
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Nazim Hikmet
Poeta turco
15 gennaio 1902 - 3 giugno 1963
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Il più bello dei mari è quello che non navigammo. Il più bello dei nostri figli non è ancora cresciuto. I nostri giorni più belli non li abbiamo ancora vissuti. E quello che vorrei dirti di più bello non te l'ho ancora detto.
Amo in te l'avventura della nave che va verso il polo, | amo in te l'audacia dei giocatori delle grandi scoperte, | amo in te le cose lontane | amo in te l'impossibile.
I tuoi occhi i tuoi occhi i tuoi occhi...
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che tu venga all'ospedale o in prigione
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nei tuoi occhi porti sempre il sole.
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I tuoi occhi i tuoi occhi i tuoi occhi
|
questa fine di maggio, dalle parti d'Antalya,
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sono così, le spighe, di primo mattino;
|
i tuoi occhi i tuoi occhi i tuoi occhi
|
quante volte hanno pianto davanti a me
|
son rimasti tutti nudi, i tuoi occhi,
|
nudi e immensi come gli occhi di un bimbo
|
ma non un giorno han perso il loro sole;
|
i tuoi occhi i tuoi occhi i tuoi occhi
|
che s'illanguidiscano un poco, i tuoi occhi
|
gioiosi, immensamente intelligenti, perfetti:
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allora saprò far echeggiare il mondo
|
del mio amore.
|
I tuoi occhi i tuoi occhi i tuoi occhi
|
così sono d'autunno i castagneti di Bursa
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le foglie dopo la pioggia
|
e in ogni stagione e ad ogni ora, Istanbul.
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I tuoi occhi i tuoi occhi i tuoi occhi
|
verrà un giorno, mia rosa, verrà un giorno
|
che gli uomini si guarderanno l'un l'altro
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fraternamente
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con i tuoi occhi, amor mio,
|
si guarderanno con i tuoi occhi.
[...]
Ed ecco ce ne andiamo come siamo venuti
|
arrivederci fratello mare
|
mi porto un po' della tua ghiaia
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un po' del tuo sale azzurro
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un po' della tua infinità
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e un pochino della tua luce
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e della tua infelicità.
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Ci hai saputo dir molte cose
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sul tuo destino mare
|
eccoci con un po' più di speranza
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eccoci con un po' più di saggezza
|
e ce ne andiamo come siamo venuti
|
arrivederci fratello mare.
Sono cent'anni che non ho visto il suo viso
|
che non ho passato il braccio
|
attorno alla sua vita
|
che non mi son fermato nei suoi occhi
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che non ho interrogato
|
la chiarità del suo pensiero
|
che non ho toccato
|
il calore del suo ventre
|
|
eravamo sullo stesso ramo insieme
|
eravamo sullo stesso ramo
|
caduti dallo stesso ramo ci siamo separati
|
e tra noi il tempo è di cent'anni
|
di cent'anni la strada
|
e da cent'anni nella penombra
|
corro dietro a te.
Sei la mia schiavitù sei la mia libertà
|
sei la mia carne che brucia
|
come la nuda carne delle notti d' estate.
|
|
Sei la mia patria
|
tu, coi riflessi verdi dei tuoi occhi
|
tu, alta e vittoriosa.
|
|
Sei la mia nostalgia
|
di saperti inaccessibile
|
nel momento stesso in cui ti afferro.
Riempi il tuo cranio di vino, prima che si riempia di terra.
Ho sognato della mia bella
| m'è apparsa sopra i rami
| passava sopra la luna
| tra una nuvola e l'altra
| andava e io la seguivo
| mi fermavo e lei si fermava
| la guardavo e lei mi guardava
| e tutto è finito qui.
Ti sei stancata di portare il mio peso
|
ti sei stancata delle mie mani
|
dei miei occhi della mia ombra
|
dei miei tradimenti
|
le mie parole erano incendi
|
le mie parole erano pozzi profondi
|
le mie parole erano stanchezza, noia serale,
|
un giorno improvvisamente
|
sentirai dentro di te
|
il peso dei miei passi
|
che si allontanano esitando
|
quel peso sarà quello più grave.
Anima mia
|
chiudi gli occhi
|
piano piano
|
e come s'affonda nell'acqua
|
immergiti nel sonno
|
nuda e vestita di bianco
|
il più bello dei sogni
|
ti accoglierà
|
|
anima mia
|
chiudi gli occhi
|
piano piano
|
abbandonati come nell'arco delle mie braccia
|
nel tuo sonno non dimenticarmi
|
chiudi gli occhi pian piano
|
i tuoi occhi marroni
|
dove brucia una fiamma verde
|
anima mia.
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