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Solitudini, poesia di Salvatore Quasimodo
Una sera: nebbia, vento,
mi pensai solo: io e il buio.
Né donne; e quella
che sola poteva donarmi
senza prendere che altro silenzio,
era già senza viso
come ogni cosa ch'è morta
e non si può ricomporre.
Lontana la casa,
ogni casa che ha lumi di veglia
e spole che picchiano all'alba
quadrelli di rozzi tinelli.
Da allora
ascolto canzoni di ultima volta.
Qualcuno è tornato, è partito distratto
lasciandomi occhi di bimbi stranieri,
alberi morti su prode di strade
che non m'è dato d'amare.
Ognuno sta solo sul cuor della terra
trafitto da un raggio di sole:
ed è subito sera.
mi pensai solo: io e il buio.
Né donne; e quella
che sola poteva donarmi
senza prendere che altro silenzio,
era già senza viso
come ogni cosa ch'è morta
e non si può ricomporre.
Lontana la casa,
ogni casa che ha lumi di veglia
e spole che picchiano all'alba
quadrelli di rozzi tinelli.
Da allora
ascolto canzoni di ultima volta.
Qualcuno è tornato, è partito distratto
lasciandomi occhi di bimbi stranieri,
alberi morti su prode di strade
che non m'è dato d'amare.
Ognuno sta solo sul cuor della terra
trafitto da un raggio di sole:
ed è subito sera.
[La terzina finale di questa poesia fu scorporata per diventare essa stessa una poesia breve, tra le più celebri di Quasimodo: Ed è subito sera]
Breve biografia di Salvatore Quasimodo
Salvatore Quasimodo nasce a Modica, in provincia di Ragusa il 20 agosto 1901 e trascorre gli anni dell'infanzia in piccoli paesi della Sicilia seguendo il padre Gaetano, capostazione delle Ferrovie dello Stato. Dopo il tremendo terremoto del 1908 si trasferisce a Messina dove il padre è chiamato per riorganizzare la locale stazione:...
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