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Frase di Cesare Cantù
Fu chi sommò le vittime di Ezelino a cinquantacinquemila: dei quali cinquantamila Padovani. Vedere le carni sbranate, le fiere satollarsi di pasto umano, il sangue scorrere a rivi, consumarsi le famiglie più illustri, donne e ragazzi gemere fra laidi ed inumani strazî, erano costui diletto: separava i matrimonî, non amava che spie e sicarî: perseguitava inesorabile i ladri, ma ne adempiva largamente le veci. Guai a chi non dicesse bene di lui e (adulazione più dotta) non dicesse male de' suoi nemici! guai a chi piangesse parenti proscritti!
Tale dipintura offertaci dagli storici farebbe parerlo simile ad una tigre, la quale ammazza non per fame ma per istinto d'ammazzare; e che non desse al suo furore altro intervallo che il tempo richiesto a tender agguati.
Ma possiamo credere tutto?
Tale dipintura offertaci dagli storici farebbe parerlo simile ad una tigre, la quale ammazza non per fame ma per istinto d'ammazzare; e che non desse al suo furore altro intervallo che il tempo richiesto a tender agguati.
Ma possiamo credere tutto?
[Da: Ezelino da Romano. Storia d'un ghibellino, Libreria di educazione e d'istruzione di Paolo Carrara, Milano, 1879, cap. IX, p. 234]
Breve biografia di Cesare Cantù
Cesare Cantù nasce a Brivio (Lecco) il giorno 5 dicembre 1804. Compiuti gli studi a Milano presso il Collegio barnabita di Sant'Alessandro, a soli 17 anni (1821) ottiene il posto di supplente di grammatica a Sondrio, città dove resterà sino al 1827.
Successivamente a fino al 1832 sarà a Como, poi a Milano, dove insegna al collegio...
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