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Liliana Cavani
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Frasi di Liliana Cavani - pagina 2
Liliana Cavani
Regista e sceneggiatrice italiana
12 gennaio 1933
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Ero molto vivace a scuola. Non stavo mai ferma nel banco, minimo dondolavo una gamba.
Il teatro è un mondo duro, faticoso, ma mi affascina. Il rapporto con il pubblico dal vivo mi fa sempre tanta impressione, mi sembra una cosa strana. Ma per questo il teatro è eterno, un rito collettivo che dura da secoli e non morirà mai.
Molte riflessioni le ho fatte anche quando ho girato Milarepa. Mi interessavo di testi di altre religioni, mi interessava il perché delle religioni, quindi l'analisi e la ricerca di sè attraverso la religione. Il viaggio interiore. La mia è stata una perenne ricerca di capire il senso delle cose fondamentali, compresi la primarietà di certi affetti nelle loro varianti di parentela, di amicizia, di amore.
Gli attori principali cerco di averli dieci giorni prima, così leggiamo la sceneggiatura, ci conosciamo bene, e soprattutto parliamo della nostra vita. Mi ricordo quando venne Mickey Rourke a Roma dieci giorni prima delle riprese come avevo voluto. Il produttore dapprima non voleva pagare i dieci giorni in più di albergo. Invece è stato importantissimo, deve esserci il tempo di conoscersi. Pensavano che Mickey fosse un mezzo matto, quasi un balordo, invece è la più dolce persona che ho incontrato oltre ad essere l'attore più bravo che ho avuto. L'importante è conoscersi a questo mondo, provare a capirsi. Poi sugli attori ci sono spesso leggende stupide, io ho trovato sempre persone notevoli e umanamente molto ricche.
Per il mio lavoro ho bisogno di approfondire, di capire. La solitudine in questi casi mi è utile, l'apprezzo molto. Però non troppa, mi piace anche molto la compagnia, ho sempre avuto molti amici.
Sono cresciuta con i miei adorabili nonni e gli zii. Mio nonno era un uomo straordinario, di grande carisma: un anarchico, sindacalista, ovviamente profondamente antifascista. Rammento quando mia zia venne discriminata a scuola perché si era rifiutata di indossare la divisa del fascio. E, quando cadde il regime, esplose la gioia in casa. Una famiglia laica, un'educazione libera quella che ho ricevuto. Forse per questo non ho mai sentito il bisogno di crearmi una mia famiglia, marito, figli... Non ho mai avvertito il desiderio di diventare madre, perché ho vissuto sempre da figlia, o da nipote. Il mio ambiente familiare non mi suggeriva questo genere di modelli, sono cresciuta in un contesto di affetti distante dai prototipi tradizionali. Mia madre era un'eterna ragazza, per il periodo in cui è vissuta certamente all'avanguardia.
Agli inizi della mia carriera ho girato documentari, come Storia del Terzo Reich, che mi hanno fatto pensare, riflettere, analizzare. Quando sei costretto per lavoro a guardarti minuto per minuto tutto il materiale filmato della seconda guerra mondiale, quando vedi le scene dell'apertura dei lager, il contatto con la realtà è affrontato furiosamente, la guerra ti si presenta nella sua violenza estrema e con la sua assurdità ancora più estrema di ignoranza e di follia. E poi, quando sono andata a fare un documentario nelle università tedesche, a parlare di Hitler venti anni dopo con i ragazzi, mi chiedevano chi era. Ecco, in quei casi non puoi non riflettere e farti delle domande sul problema della rimozione e accusare in cuor tuo coloro che vogliono rimozioni senza un minimo di catarsi, senza un percorso di riflessione, senza tentare di capire che cosa è il Male. Senza capire che sulle colpe non espiate cresce erba velenosa.
Da ragazza mi sono tradotta l'Iliade da sola per passione, poi sono andata all'esame che leggevo il greco come il giornale. I librini con le note mi annoiavano molto così, traducendo verso dopo verso, mi è capitato di fare un viaggio dentro alla guerra di Troia. Lo vedo ancora, mi sono molto divertita.
Mia madre era un'accanita appassionata del grande schermo non c'era film appena uscito che non volesse correre a vedere. E sin da quando ero piccolissima, mi portava con lei nelle sale, ma mi suggeriva di dire che andavamo ai giardinetti: a casa non dovevo rivelare il nostro segreto, e io lo mantenevo gelosamente. Ma non solo: molto spesso venivo depositata al cinema, la sala Lux di Carpi, il mio paese, all'orario dell'apertura, alle 2 del pomeriggio, e lasciata lì dentro fino alle sette di sera. I miei ricordi risalgono grosso modo all'età di 4 o 5 anni: un film che mi aveva colpito era La corona di ferro, non so quante volte l'ho visto.
Sono cresciuta in un mondo di adulti. Però siccome mi divertiva studiare, riuscivo a isolarmi facilmente. Mi riesce ancora oggi.
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