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Cesare Fiorio
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Ex dirigente sportivo italiano
26 maggio 1939
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Nello sport non esistono mezze misure. Se si partecipa bisogna farlo nel modo migliore. Nei motori poi è ancora più marcato questo aspetto: l'imperativo è essere superiori alla concorrenza.
Sono un rompiscatole, ho il vizio di voler fare tutto sempre bene, non tollero le cose fatte a metà.
[Sul Rallye Monte-Carlo 1983]
In teoria sulla neve non avevamo speranze contro le Audi a quattro ruote motrici, ma quell'anno non nevicò. Solo in una prova speciale, durante le ricognizioni che facevamo sia io sia Daniele Audetto, mi accorsi che c'era molta neve. Allora mi sfilai la divisa Lancia e mi presentai vestito da civile nell'ufficio della società locale di gestione delle strade, chiedendo che spalassero la neve e mandassero degli spargisale con la scusa del pericolo per gli automobilisti. È finita che abbiamo conquistato una doppietta e a fine stagione abbiamo vinto anche il Mondiale.
Avere un vincente e un piazzato serve a poco è decisamente più un valore che un problema avere due piloti forti. I due devono competere, mettersi sotto pressione, ciò che consente a entrambi di dare il massimo.
[Sulla Lancia Stratos]
Una macchina mia, voluta da me, concepita da me, per la quale andai a chiedere il motore 6 cilindri Dino a Enzo Ferrari. E me lo diede. Nacque così la più grande vettura da rally.
[Sul Gran Premio di San Marino 1989]
Eravamo a Imola
[...]
e Berger si schiantò all'inizio del secondo giro alla curva del tamburello. La macchina prese fuoco e solo l'intervento tempestivo dei servizi di sicurezza della pista, lo salvarono in meno di 10 secondi. La gara fu interrotta, e a quei tempi l'interruzione durava in tutto 20 minuti. Avevo dunque da prendere una decisione: era stato un errore di Berger, o un cedimento meccanico? Il tempo passava in fretta e dovevo decidere se Mansell, che avendo vinto la prima gara in Brasile, Imola era la seconda, poteva ripartire o meno. Mi rivolgo a Barnard, nostro direttore tecnico, che mi dice: "Domani, quando esamino la macchina ti dirò". Mancano solo più quattro minuti. Incontro Piero Ferrari, figlio di Enzo, interpello anche lui, che mi risponde: "Tu comandi e tu decidi". Già, è proprio così. A Imola, le bandiere Ferrari sventolano ovunque, Berger non ha quasi nulla. Mancano ancora due minuti. Basta, mi dico, non mi sento di far partire Mansell, leader del Campionato. Le macchine sono schierate e mancano ancora 30". Fai un giro e rientra, dato che no so se Berger ha avuto o meno un problema. Mansell non ne vuole sapere, ma io la decisione ho dovuto prenderla, da solo. Le macchine partono e al primo giro Mansell non rientra, nonostante le chiamate radio e il segnale Box esposto. Ma dopo pochi giri, riesco a farlo rientrare. A quel punto inizia la mia terribile attesa, che deve durare fino al mattino seguente, quando esamineranno la F1 di Berger. Ebbene, quello è stato un momento difficile, per me. Avevo fermato proprio a Imola, sul circuito Dino Ferrari, la macchina che era in testa al Campionato. Il responso di Barnard, per mia fortuna, fu che aveva ceduto il supporto ala anteriore e che avrebbe potuto capitare anche all'altra macchina. Ma vi garantisco che quelle ore furono per me terribili
[...]
[«Cosa non sappiamo sui veri motivi che crearono la rottura tra Prost e la Scuderia Ferrari?»]
All'epoca io stavo portando avanti una trattativa segreta per avere Ayrton Senna a Maranello. Di questa trattativa Prost fu messo al corrente dall'allora presidente della Ferrari, Piero Fusaro che era probabilmente infastidito dalla mia presenza, dal mio ruolo, non lo so, forse aveva dei complessi di inferiorità, non lo so proprio cosa avesse con me... Non sapendo come fare per eliminarmi, pensò bene di allearsi con Prost. Quale occasione migliore poteva avere Fusaro per allearsi con Prost se non quella di dire al pilota francese che il proprio team manager stava per portare in casa Ayrton Senna con il quale Alain non aveva grandi rapporti? Venendo a conoscenza di questa situazione, Prost assunse un atteggiamento ostile nei miei confronti, non capendo che si stavano servendo di lui per mettere in difficoltà me. Il mancato arrivo di Senna a Maranello ha cambiato la storia della Formula 1, di Ayrton, che ha poi fatto la scelta di andare alla Williams e ha perso la vita a Imola, e la mia. Con lui al volante della Rossa sarei rimasto anche io...
[...]
Andandomene dalla Ferrari non ho avuto rapporti con Prost fino a quando, trovandomi alla Ligier, la scuderia fu comperata da Prost e da Flavio Briatore. E fu proprio Prost a chiedermi di rimanere nel team, spiegandomi, un anno dopo la nostra vicenda vissuta in Ferrari, di aver capito di essere stato usato a sproposito contro di me. Se ci fosse stato odio nel nostro rapporto, Prost non mi avrebbe chiesto di rimanere o io non sarei rimasto.
Quello di Maranello non lo vedo come un periodo negativo. Se Senna non avesse buttato fuori Prost avremmo conquistato il titolo. In Ferrari mi è mancato il tempo.
La Formula 1 non è diversa dai rally: non c'è una differenza come tra università e liceo. Per vincere ci vuole lo stesso impegno, la stessa preparazione, lo stesso approccio, la stessa professionalità, lo stesso lavoro.
[«Del suo primo approccio con Enzo Ferrari cosa ricorda?»]
Devo dire che ho avuto una prima esperienza durante l'attività Lancia, chiamato proprio da Enzo Ferrari, nel 1972. Ferrari chiese alla Lancia il permesso di potermi avere per dirigere la partecipazione della Scuderia alla Targa Florio che era una delle prove del Campionato del Mondo Sport Prototipi ed era tanto importante quanto la Formula 1, se non di più... La Ferrari schierava grandi campioni come Ickx e Redman e in quella occasione anche Merzario e Munari. La Targa Florio era una gara che si svolgeva su un circuito stradale di 72 chilometri da ripetere 11 volte, quindi una gara di velocità su un percorso con caratteristiche simili a quello dei rally e per questo motivo Enzo Ferrari pensò di affidare la gestione della squadra a qualcuno con esperienze di quel tipo. In quella occasione, per la prima volta nella storia delle corse d'automobili, organizzai una rete di radioamatori che collegavano i box con le varie postazioni lungo il tracciato e per cui potevamo informare minuto per minuto i nostri piloti di quello che stava succedendo in gara. Questo fu determinante per vincere. Infatti vincemmo con un vantaggio di 16 secondi che per una gara di quel tipo, era veramente un arrivo in volata. Poi fui chiamato anche l'anno successivo e quelle furono le uniche due volte in cui ebbi la direzione della Scuderia Ferrari chiamato da Enzo Ferrari in persona.
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