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Phil Knight
Phil Knight
Frasi di Phil Knight - pagina 3
Phil Knight
Imprenditore statunitense, fondatore...
24 febbraio 1938
Frasi in elenco
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75
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Pagina:
3
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Ero conquistato da tutti i grandi generali, da Alessandro Magno a George Patton. Odiavo la guerra, ma amavo lo spirito guerriero. Odiavo la spada, ma amavo i samurai. E di tutti i grandi combattenti della storia, trovavo MacArthur il più affascinante. Quei Ray-Ban, quella pipa di pannocchia... la sicurezza di sé non gli mancava di certo. Tattico brillante, maestro nel motivare, aveva diretto anche il Comitato olimpico statunitense. Come potevo non amarlo? Di difetti ne aveva tanti, ovvio. Ma lo sapeva. Sarai ricordato, disse profeticamente, per le regole che avrai infranto.
La fiducia in te stesso era come il denaro contante. Dovevi averne per ottenerne altra. E la gente detestava dartene.
Ero al secondo anno, esausto per il gran daffare. Lezione tutta la mattina, allenamento tutto il pomeriggio, studio tutta la notte. Un giorno, sentendomi l'influenza, passai da Bowerman per dirgli che non ce l'avrei fatta ad allenarmi. «Uh uh» fece. «Chi è l'allenatore di questa squadra?» «Lei.» «Be', come allenatore di questa squadra ti dico di portare via il culo da qui. E, a proposito, avremo una prova a cronometro, oggi.» Ero prossimo alle lacrime. Ma tenni duro, incanalai tutte le mie emozioni nella corsa e feci uno dei miei tempi migliori di quell'anno. Lasciando la pista guardai in cagnesco Bowerman. Contento adesso, figlio di ...? Lui mi fissò, controllò il cronometro, mi fissò di nuovo e annuì. Mi aveva messo alla prova. Mi aveva fatto a pezzi e ricomposto, proprio come un paio di scarpe. E io avevo retto. Da allora fui veramente uno dei suoi Uomini dell'Oregon. Da quel giorno in poi, fui una tigre.
Certo, certo, ci dicevamo, sarebbe fantastico avere un'iniezione così rapida e indolore di capitali. Ah, le cose che avremmo potuto fare con quei soldi! Le fabbriche che avremmo potuto noleggiare! I talenti che avremmo potuto assumere! Ma quotarci in Borsa avrebbe cambiato la nostra cultura, ci avrebbe imposto obblighi, ci avrebbe reso un'entità giuridica. Eravamo tutti d'accordo che non era quello che volevamo. A distanza di qualche settimana, di nuovo senza soldi e con i conti vuoti, riesaminammo l'idea. E la respingemmo ancora. Con l'intento di risolvere la questione una volta per tutte, misi l'argomento in cima all'ordine del giorno dell'assemblea che tenevamo due volte all'anno, un ritiro cui avevamo dato il nome di Buttface. Pensiamo sia stato Johnson a coniare la frase, quella volta che borbottò, nel corso di uno dei primi nostri ritiri: «In quante società da svariati milioni di dollari puoi gridare "Ehi, buttface", e tutti i manager si voltano?». Scoppiammo a ridere. E il concetto rimase. E poi divenne una parola chiave del nostro gergo. Buttface (Facciadiculo) si riferiva sia al ritiro sia ai partecipanti, e non solo coglieva l'atmosfera informale di quei ritiri, dove nessuna idea era così inviolabile da non poterla dissacrare e nessuno era così importante da non poterlo ridicolizzare, ma riassumeva anche lo spirito, la mission e la cultura aziendale.
Neanch'io guadagnavo un granché, e confidavano nel fatto che quello che gli davo era quello che potevo permettermi.
Aveva cercato di convincere la Adidas e anche loro si erano mostrati scettici. Abracadabra. Non avevo bisogno di sentire altro. Chiesi se potevo infilare le suole ad aria nelle mie scarpe da corsa e fare una prova. «Non hanno uno stabilizzatore» disse lui. «Non sono fissate, si muoveranno.» «Non ha importanza» dissi. Infilai le suole nelle scarpe, me le rimisi ai piedi, allacciai le stringhe. Non male, dissi, rimbalzando su e giù. Mi feci una corsa di una decina di chilometri. In effetti erano instabili. Ma erano anche un gran bel correre. Tornai subito in ufficio. Ancora coperto di sudore, andai dritto da Strasser e gli dissi: «Potremmo aver trovato qualcosa di interessante».
Woodell vive nell'Oregon centrale con la moglie. Per anni ha pilotato il suo aereo privato, mostrando il dito medio a chi gli diceva che non avrebbe mai potuto. (L'aereo privato, soprattutto, voleva dire che non avrebbe dovuto più preoccuparsi che una linea aerea perdesse la sua sedia a rotelle.) È uno dei migliori narratori nella storia della Nike. Il racconto che preferisco è quello del giorno in cui ci siamo quotati in Borsa. Andò dai suoi genitori e riferì la novità. «Che cosa significa?» sussurrarono. «Significa che il vostro prestito di 8000 dollari a Phil adesso vale 1 milione e 600.000 dollari.» Loro si guardarono, poi fissarono Woodell. «Non capisco» replicò sua madre. Se non puoi fidarti dell'azienda per cui lavora tuo figlio, di chi ti puoi fidare? Quando andò in pensione dalla Nike, Woodell si mise a lavorare per l'Autorità portuale di Portland, a gestire fiumi e aeroporti. Un uomo immobilizzato che guidava tutto quel movimento. Che bello. Woodell è anche il principale azionista e direttore di un microbirrificio che ha molto successo. Ha sempre amato la birra.
Dovevamo assumere persone dalla mente acuta, questa era la priorità, e contabili e avvocati avevano almeno dimostrato di saper padroneggiare argomenti difficili. E superare grandi prove. Gran parte di loro, inoltre, possedeva un bagaglio di competenze di base. Se assumevi un contabile, eri certo che almeno sapesse contare. Se assumevi un avvocato, eri certo che almeno sapesse parlare. Se assumevi un esperto di marketing, o uno sviluppatore di prodotti, cosa sapevi di lui? Niente. Non potevi prevedere cosa avrebbe fatto, e neppure se fosse in grado di fare qualcosa. E il classico laureato in gestione aziendale? Non aveva la minima voglia di cominciare vendendo scarpe da un borsone. Per di più, nessuna di queste persone aveva la minima esperienza, quindi assumerle era un azzardo basato soltanto su un semplice colloquio.
Il commercio internazionale beneficia sempre, sempre, entrambe le nazioni interessate. Un'altra frase che ho sentito spesso dagli stessi professori è l'antica massima: «Quando le merci non valicano i confini nazionali, lo faranno i soldati». Anche se, com'è risaputo, definisco gli affari una guerra senza pallottole, li considero comunque uno splendido baluardo contro la guerra vera. Il commercio è la via della coesistenza, della cooperazione. La pace si alimenta con la prosperità.
Mi alzai prima degli altri, prima degli uccelli, prima del sole. Bevvi una tazza di caffè, trangugiai un pezzo di pane tostato, indossai calzoncini e maglietta e mi allacciai le scarpe da corsa verdi. Poi uscii di soppiatto dalla porta sul retro. Stiracchiai le gambe, i tendini posteriori delle ginocchia, i muscoli lombari e mugolai, muovendo a fatica i primi passi lungo la strada immersa nel freddo e nella nebbia. Perché è sempre così difficile mettersi in moto?
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