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Phil Knight
Phil Knight
Frasi di Phil Knight - pagina 5
Phil Knight
Imprenditore statunitense, fondatore...
24 febbraio 1938
Frasi in elenco
:
75
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Pagina:
5
di
8
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Denaro
Corsa
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Scarpe
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Come i libri, lo sport dà alla gente il senso di aver vissuto altre vite, di aver preso parte alle vittorie di altri. E alle loro sconfitte. Quando lo sport mostra il suo volto migliore, lo spirito del tifoso si fonde con quello dell'atleta e in quella convergenza, in quel transfert, c'è l'unione di cui parlano i mistici.
Ancora non sapevo esattamente cosa volesse dire vincere, a parte non perdere, ma sembrava che ci stessimo avvicinando a un momento decisivo in cui la questione sarebbe stata risolta, o quantomeno definita meglio. Forse quel momento sarebbe stato la quotazione in Borsa. Forse quotarci in Borsa avrebbe garantito che la Nike sarebbe rimasta in vita.
Fiducia in se stessi. Ecco che cosa serve a un uomo, più del capitale, più della liquidità.
Più o meno a metà strada uscii dalla trance e cominciai a pensare a Penny e ai ragazzi. I Buttface erano come una famiglia, ma ogni minuto che passavo con loro era sottratto all'altra famiglia, quella vera, la mia. Il senso di colpa era palpabile. Spesso entravo in casa e Matthew e Travis mi venivano incontro sulla porta. «Dove sei stato?» mi chiedevano. «Papà era con i suoi amici» rispondevo io, prendendoli in braccio. Loro mi squadravano, un po' incerti. «Ma la mamma ha detto che eri al lavoro.» Fu più o meno in quel periodo, mentre la Nike presentava al pubblico le sue prime scarpe per bambini, le Wally Waffle e le Robbie Road Racer, che Matthew dichiarò che non avrebbe mai portato un paio di Nike in vita sua. Era il suo modo di esprimere rabbia per le mie assenze, insieme ad altre frustrazioni. Penny cercò di fargli comprendere che papà non era assente per un capriccio. Papà stava cercando di costruire qualcosa. Papà stava cercando di garantire a lui e a Travis la possibilità di andare un giorno all'università. Non mi presi la briga di dare spiegazioni. Mi dissi che non importava ciò che dicevo. Matthew non mi capiva mai, e Travis mi capiva sempre: sembravano nati con questi due atteggiamenti già dentro di loro, invariabili. Matthew sembrava covare una sorta di risentimento innato nei miei confronti, mentre Travis pareva affezionato a me in maniera congenita. Che differenza poteva fare qualche parola in più? Che differenza poteva fare qualche ora in più? Il mio modo di essere padre, il mio modo di essere manager. Me lo chiedevo in continuazione: va bene, o è appena sufficiente? Ogni volta mi ripromettevo di cambiare. Ogni volta mi dicevo: passerò più tempo con i miei figli. Ogni volta mantenevo la promessa... per un po'. Poi ricadevo nella consueta routine, l'unica che conoscevo. Ignorarli no. Ma nemmeno stargli addosso. Probabilmente era l'unico problema che non potevo risolvere grazie a un brainstorming con i Buttface. Rispetto a far arrivare le intersuole dal punto A al punto B, era ben più intricato capire come regolarmi con il Figlio A e il Figlio B, e come renderli felici intanto che tenevo a galla la Nike, il Figlio C.
La mia speranza era che il fallimento, se fossi fallito, fosse una cosa rapida, in modo da darmi il tempo, gli anni sufficienti, per mettere in pratica tutte le lezioni imparate così duramente. Non ero tipo da darmi degli obiettivi, ma questo in particolare prese a balenarmi nella mente tutti i giorni, finché non divenne il mio slogan silenzioso: Fallisci in fretta.
A parte lo swoosh, avevamo una scritta in minuscolo, nike, che non era l'ideale: in troppi la leggevano come like, oppure mike. Era troppo tardi per cambiare il nome dell'azienda, per cui rendere i caratteri più leggibili sembrava una buona idea. Denny Strickland, direttore creativo della nostra agenzia di pubblicità, aveva disegnato una scritta NIKE tutta in stampatello maiuscolo, collocandola all'interno dello swoosh.
Nel 1965, la corsa non era nemmeno uno sport. Non era popolare, non era impopolare. Qualcuno correva, e basta. Uscire per una corsa di cinque chilometri era una cosa per gente stramba, che doveva probabilmente sfogare qualche ossessione. Correre per piacere, correre per fare esercizio, correre per le endorfine, correre per vivere meglio e più a lungo... erano tutte possibilità sconosciute.
La regola base di ogni trattativa è sapere che cosa vuoi, quello che hai bisogno di portare a casa per sentirti soddisfatto.
Una cosa è guardare un evento sportivo e mettersi nei panni degli atleti. Qualunque tifoso può farlo. Un'altra è quando sono gli atleti a mettersi nei tuoi panni, o meglio, nelle tue scarpe.
Ora che avevamo superato la crisi con le banche, ora che ero ragionevolmente sicuro di non andare in galera, potevo tornare a pormi le domande fondamentali. Che cosa stiamo cercando di costruire? Che tipo di azienda vogliamo essere?
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