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Phil Knight
Phil Knight
Frasi di Phil Knight - pagina 7
Phil Knight
Imprenditore statunitense, fondatore...
24 febbraio 1938
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75
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7
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8
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Il mio ufficio privato era elegante ed enorme, più grande di tutta la nostra prima sede, quella accanto al Pink Bucket. E completamente vuoto. La decoratrice d'interni aveva optato per il minimalismo giapponese, con una nota assurda che suscitava l'ilarità generale. Come tocco di classe aveva piazzato accanto alla mia scrivania una poltrona di cuoio che era un enorme guantone da baseball. «Ora,» mi disse «si potrà sedere qui ogni giorno e pensare alle sue... cose di sport.» Sedetti su quella poltrona sentendomi una palla lanciata male e guardai fuori. Avrei dovuto gustare quel momento, apprezzarne l'umorismo e l'ironia. Uno dei grandi dispiaceri della mia vita era stata l'esclusione dalla squadra di baseball della mia scuola, e in quel momento ero seduto su un guantone gigante, in un ufficio sfacciatamente chic, ed ero il presidente di un'azienda che vendeva «cose di sport» ai giocatori di baseball professionisti. Ma invece di apprezzare i traguardi raggiunti, vedevo soltanto la strada che ci restava da fare. Dalla mia finestra si godeva una vista meravigliosa, ma tutto quello che riuscivo a vedere io era il bicchiere mezzo vuoto. Allora non capivo cosa mi stesse accadendo, ma ora sì. Stavo pagando tutti gli anni di stress. Se vedi soltanto problemi, non hai una visione chiara delle cose. E proprio nel momento in cui avevo bisogno di essere più lucido, ero prossimo all'esaurimento.
Devi dimenticare i tuoi limiti. Devi dimenticare i tuoi dubbi, la tua sofferenza, il tuo passato. Devi dimenticare quella voce interiore che grida e implora: «Non un passo di più!». E se non è possibile dimenticarla, devi scenderci a patti.
C'erano molti sentieri per scendere dal monte Fuji, secondo la mia guida, ma uno soltanto per salire. Una lezione di vita, pensai.
Non amavo per nulla la violenza, ma ero affascinato dalla leadership, o dalla sua mancanza, in condizioni estreme. La guerra è la più estrema delle condizioni, ma esistono diverse similitudini tra gli affari e la guerra. Qualcuno una volta ha detto che gli affari sono una guerra senza le pallottole, e io ero abbastanza d'accordo.
Ora che avevamo superato la crisi con le banche, ora che ero ragionevolmente sicuro di non andare in galera, potevo tornare a pormi le domande fondamentali. Che cosa stiamo cercando di costruire? Che tipo di azienda vogliamo essere?
Non dire mai alle persone come fare le cose. Di' loro cosa fare e ti sorprenderanno con la loro ingegnosità. Era la via giusta per Patton e i suoi soldati.
Eravamo quasi tutti dell'Oregon, e questo era importante. Avevamo un bisogno innato di metterci alla prova, di mostrare al mondo intero che non eravamo dei bifolchi di provincia. E provavamo quasi tutti un odio feroce per noi stessi, cosa che teneva a freno il nostro ego. Lungi da noi qualunque sciocco esibizionismo da primo della classe.
Il mio stile manageriale non avrebbe funzionato con persone che volevano essere guidate a ogni passo, ma questo gruppo lo trovava liberatorio, si sentiva autonomo e responsabilizzato. Li lasciavo vivere, li lasciavo fare, lasciavo che commettessero i loro errori, perché era così che avrei sempre voluto che gli altri trattassero me.
Alcune delle cose più difficili da dire nella vita spesso vengono sussurrate.
Ci spiaceva quando non eravamo a buon diritto incavolati con il mondo. Ognuno di noi si era sentito incompreso, malgiudicato, messo da parte. Evitati dai capi, ignorati dalla fortuna, respinti dalla società, puniti da un destino ingrato al momento della distribuzione della bellezza e di altre grazie naturali. Ognuno di noi era stato forgiato da un insuccesso iniziale. Ognuno di noi si era messo alla ricerca di qualcosa, o aveva tentato di trovare una conferma, un senso, e non ci era riuscito.
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